Pesaro, omicidio Panzieri, colpo di scena nell'interrogatorio del reo confesso Alessandrini: «Ero innamorato di Pierpaolo, lui mi ha rifiutato e l’ho ucciso»

Fuori gli amici hanno portato foto ricordo

Pesaro, omicidio Panzieri, colpo di scena nell'interrogatorio del reo confesso Alessandrini
Pesaro, omicidio Panzieri, colpo di scena nell'interrogatorio del reo confesso Alessandrini
di Luigi Benelli
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Martedì 20 Febbraio 2024, 02:25 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 07:13

PESARO L’avrebbe ucciso perché era innamorato di lui: dopo aver tentato un approccio, sarebbe stato respinto. Poi la follia omicida. Ieri mattina davanti al gup di Pesaro una nuova udienza per il caso dell’omicidio di Pierpaolo Panzieri, 27enne ucciso esattamente un anno fa, il 20 febbraio, con 23 coltellate nella sua abitazione di via Gavelli.  Reo confesso è Michael Alessandrini, 30enne pesarese, la cui semi infermità mentale è stata dichiarata da un collegio di periti. Ieri Alessandrini ha voluto dapprima rendere dichiarazioni spontanee, poi sottoporsi all’esame. Ha risposto alle domande del pm, del giudice e dei suoi avvocati. Ma non ha voluto rispondere alle domande delle parti civili. E’ emersa una nuova verità come ha spiegato a margine dell’udienza l’avvocato di Alessandrini, Salvatore Asole.

Il movente e il passato omosessuale

«Oggi è stato spiegato il movente. Tutto si ricollega al passato quando Michael ha spiegato di aver avuto rapporti omosessuali. Ha fatto nomi e cognomi. Non è stato facile tirar fuori questa cosa, ma ora iniziamo a darci delle spiegazioni sul perché quella sera si è arrivati a tanto. C’è stato sicuramente un rifiuto da parte della vittima che, in un soggetto affetto da determinate patologie e criticità, ha portato a questa reazione. Come difesa riteniamo che sia un delitto passionale e d’impeto che esclude quindi l’aggravante della premeditazione. Senza premeditazione e senza le ulteriori aggravanti che non reggono rispetto alla semi infermità, è chiaro che si potrebbe prefigurare una nuova strada processuale. Infatti abbiamo già presentato la richiesta di rito abbreviato per ottenere lo sconto di pena».

Poi il tema del coltello. «Lo portava con sé da qualche giorno perché aveva subito una rapina a Milano da nordafricani, cosa certificata. Oltre a soldi e cellulare gli erano stati rubati i documenti, motivo per cui aveva solo il passaporto».

Una nota anche sulla piantina delle stazioni ferroviarie. «Arrivato a Zagabria gli si è fermata la macchina e si è fatto stampare il foglio in stazione con gli orari dei treni. Ma è in tedesco, dunque se premedito di stampare il tragitto ferroviario non posso prevedere che la macchina si fermi a Zagabria e non lo stampo in tedesco».

I soldi in tasca

Quindi un passaggio sui 500 euro in tasca. «Li aveva chiesti alla nonna perché doveva andare a Milano per trovare lavoro». Ultima nota, lo stato d’animo: «Era molto provato – chiude Asole - ha detto di essere stanco e voler tornare in carcere. Dopo un minuto ha chiesto di poter essere interrogato». Infine: «Michael non ha mancato di rispetto a nessuno, per l’ennesima volta ha chiesto perdono. Ha detto che non aveva alcun diritto a togliere la vita a Pierpaolo. Sin dai primi giorni chiede perdono, è chiaro che non si può imporre a nessuno la richiesta di accettarlo, ma l’indagato la va ribadendo in tutte le sedi».

L’altro legale, Carlo Taormina, ha spiegato: «Non ha cambiato versione, ha integrato con alcuni elementi riguardanti lo sviluppo dei fatti e su quelli ragioneremo. Non c’è stato nessun bluff e nessuna presa in giro. Si sono solo aggiunte cose che erano state dette ma non erano state sviluppate. Ora, alla luce di queste nuove dichiarazioni, discuteremo dell’esigenza o meno di avere una integrazione di perizia». La richiesta è stata avanzata e il giudice Giacomo Gasparini, dopo una breve camera di consiglio, è stata rigettata. Nessuna integrazione, nessun nuovo confronto coi periti.

Le foto ricordo

Fuori gli amici hanno portato foto ricordo di Pierpaolo e le hanno mostrate al mezzo della penitenziaria che portava Alessandrini. «E’ passato un anno dalla tragedia e forse questa udienza è simbolica, una prova per noi. Vogliamo stare vicini alla famiglia di Pier, siamo fiduciosi nella giustizia. Lo ricorderemo stando tutti insieme, con una bella cena a casa di Laura e Gianmarco. E lo faremo come avrebbe voluto lui: con il sorriso».

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