Omicidio di Natale, i killer di Bruzzese restano in carcere: due fanno scena muta, uno nega tutto

Omicidio di Natale, i killer di Bruzzese restano in carcere: due fanno scena muta, uno nega tutto
Omicidio di Natale, i killer di Bruzzese restano in carcere: due fanno scena muta, uno nega tutto
di Federica Serfilippi
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Venerdì 8 Ottobre 2021, 05:00

PESARO - Fermi convalidati. Rimangono in carcere i presunti sicari e organizzatori dell’omicidio di Marcello Bruzzese, fratello 51enne del collaboratore di giustizia Girolamo Biagio, quest’ultimo staccatosi dalla cosca calabrese dei Crea nel 2003. Le udienze di convalida sono avvenute sotto la giurisdizione di tre diverse procure, in base ai territori dove sono scattati gli arresti ordinati dalla procura distrettuale di Ancona ed eseguiti dai carabinieri del Ros. A Brescia si è tenuta l’udienza per il 42enne Francesco Candiloro, a Vibo Valentia per il 43enne Michelangelo Tripodi e a Palmi (provincia di Reggio Calabria) per il 54enne Rocco Versace. 

 


Il terzo respinge le accuse

I primi due, considerati dagli investigatori gli autori materiali dell’agguato avvenuto in via Bovio il 25 dicembre del 2018, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti al gip.

Versace, che per la procura avrebbe aiutato i presunti killer a progettare il delitto, ha invece provato a respingere le accuse. Per tutti il fermo è scattato per concorso in omicidio volontario aggravato dall’aver agevolato una organizzazione di stampo mafioso. Nel caso specifico, si tratta della cosca dei Crea di Rizziconi, paese a poca distanza da Gioia Tauro. Stando agli inquirenti, l’omicidio Bruzzese sarebbe stato pianificato fin dal 2017 con l’obiettivo di attuare una «vendetta trasversale» nei confronti di Girolamo Biagio, collaboratore di giustizia dal 2003 e testimone chiave in alcuni processi contro il clan. A partire da novembre 2018 sarebbero partiti i sopralluoghi nel territorio di Pesaro, per studiare i movimenti e le abitudini di Marcello, freddato da più di venti proiettili calibro 9, sparati da due diverse pistole. In città, gli indagati avrebbe girato con due auto (una Panda e una 500 L con targhe criptate) oppure a piedi. Avrebbero anche soggiornato brevemente in alcuni alberghi di Pesaro, presentando documenti falsi. Gli indagati, questa l’ipotesi degli inquirenti, avrebbero prevalentemente gravitato nella zona di Rimini nelle settimane che hanno preceduto l’assassinio. Una vera base logistica non è però stata scoperta. Ai tre sono stati sequestrati dispositivi elettronici (Gps, telefonini, tablet) e vari documenti. Tutto materiale che dovrà essere analizzato. 

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