Pesaro, la Cgil lancia l'allarme salari: «Buste paga più alte ma non tengono il passo dell'inflazione. Nodo precari e donne penalizzate

Pesaro, la Cgil lancia l'allarme salari: «Buste paga più alte ma non tengono il passo dell'inflazione. Nodo precari e donne penalizzate
Pesaro, la Cgil lancia l'allarme salari: «Buste paga più alte ma non tengono il passo dell'inflazione. Nodo precari e donne penalizzate
di Luigi Benelli
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Venerdì 15 Dicembre 2023, 04:05 - Ultimo aggiornamento: 12:14

PESARO - Il salario medio aumenta, ma non va di pari passo all’inflazione e il lavoro povero genera preoccupazione tra i sindacati. L’Ires Cgil ha analizzato il dato della provincia di Pesaro, un report appena uscito e che è la fotografia alla fine del 2022. Le retribuzioni medie lorde annue sono pari a 20.853 euro al 2022 e rispetto al 2021 registrano un aumento di 662 euro, pari a +3,3%. Un dato che al 2012 si fermava a 17.883 euro. Un dato però inferiore al valore medio nazionale (-1.986 euro) ma superiore al valore regionale (+574 euro).

Nel dettaglio

I lavoratori dipendenti con un lavoro a tempo parziale percepiscono in media 12.284 euro lordi annui, i lavoratori stagionali 5.512 euro lordi, mentre chi ha un contratto a tempo determinato guadagna in media 10.928 euro lordi.

La retribuzione media dei lavoratori somministrati è di 9.747 euro, mentre gli intermittenti percepiscono 2.032 euro lordi. Il segretario Cgil Roberto Rossini analizza i numeri.

«E’ vero che crescono le retribuzioni, sono stati rinnovati i contratti collettivi, ma rispetto alla media nazionale la paga è bassa. Abbiamo micro aziende che offrono meno e crescono precariato, lavoro part time e intermittente. Le donne percepiscono una paga molto inferiore e l’inflazione sale facendo abbassare il potere d’acquisto. Cresce il numero dei contratti, anche per il rimbalzo post Covid, ma la qualità dei contratti è poco incoraggiante. E se pensiamo alle pensioni per le nuove generazioni ci rendiamo conto che ci troveremo sempre più in una emergenza sociale. Insomma, un quadro non proprio benaugurante».

Gender gap e lavoro giovane sono una chiave importante di lettura. La retribuzione dei lavoratori ammonta a 24.410 euro, a fronte di 16.158 euro riferiti alle lavoratrici. Queste ultime, dunque, percepiscono 8.252 euro lordi in meno rispetto agli uomini, pari a -33,8%. Tra le qualifiche, la retribuzione media degli operai è di 17.810 euro. Gli impiegati guadagnano 24.736 euro lordi. Valori che si alzano notevolmente per i quadri (64.794 euro lordi annui) e per i dirigenti (144.252 euro). Paghe che non tengono conto delle partite Iva, altro contesto di incertezza. Gli under 30 anni percepiscono 12.897 euro, circa 8mila euro lordi in meno rispetto alla media. Altro dato: l’aumento maggiore dei lavoratori rispetto al 2021 si è registrato in quei settori dove le retribuzioni sono più basse. Nel Pesarese risultano occupati 115.680 dipendenti privati, quasi 4mila in più rispetto al 2021 (+3,5%). Nei confronti del 2012 si osserva una differenza di +15mila lavoratori e lavoratrici (+14,9%). Analizzando le tipologie contrattuali emerge che i lavoratori con un rapporto di lavoro part time sono 37mila (32,4%). Questi aumentano sia rispetto al 2021 (+3,5%) che, soprattutto, al 2012 (+24,9%).

Settore per settore

I contratti a termine sono circa 27mila, pari al 23,9%. Anche loro osservano una crescita tanto dall’anno prima (+1,2%) quanto dal 2012 (+31,4%). I lavoratori a tempo indeterminato sono 83mila (71,7%) e rispetto al 2021 rilevano un incremento più accentuato (+3,7%) rispetto a quelli a tempo determinato (+7,2% in 10 anni). I lavoratori somministrati sono oltre 6mila e rappresentano il 5,7%. Dal 2012 sono stati oggetto di una crescita superiore alle 3mila unità (+144,4%).

Gli intermittenti sono 10mila (8,9% dei dipendenti privati) e in un anno crescono del 13,6%. Gli over 50 sono la fascia più rappresentata (31,2%) e in termini assoluti hanno visto un incremento di oltre 14mila unità dal 2012 (+69,1%), dettato anche da un progressivo invecchiamento della popolazione e dall’aumento dell’età pensionabile. Gli under 30 sono 24mila e costituiscono il 21,2% del totale. La classe 30-39 è l’unica che in dieci anni ha visto una tendenza inversa alquanto accentuata (- 14,7%).

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