La ricercatrice Cristina Ortolani: «Show di condominio con i musical anni ‘50»

La ricercatrice Cristina Ortolani: «Show di condominio con i musical anni ‘50»
La ricercatrice Cristina Ortolani: «Show di condominio con i musical anni ‘50»
di Elisabetta Marsigli
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Domenica 21 Aprile 2024, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 16:04

Mettere in luce e raccontare l’identità di un territorio, le sue storie, quella delle persone che gli hanno dato forma, i suoi colori e sapori non è semplice, ma Cristina Ortolani è da sempre una ricercatrice curiosa e appassionata. D’altronde scrive da quando aveva 5 anni, più o meno, quando da bambina già era la regista di spettacoli in giardino che avevano la colonna sonora dei musical americani.

«Abito fin da piccola nel quartiere di Montegranaro e si, giocavo con le bambole, come tutte le bambine, ma soprattutto mi divertivo a mettere in scena questi spettacoli con i bimbi del condominio e dei dintorni.

L’ispirazione era quella dei musical americani. Recuperando vecchi avanzi di tessuti che avevo in casa, dato che avevo la nonna sarta, e creando dei piccoli costumi. Certo non erano perfetti, ma ne ho ancora qualche esemplare che gira per casa. C’era anche la soffitta dell’altra nonna dove andavo a pescare questi fagotti di stoffa molto colorata, tutte stoffe anni ’70 molto belle. Così, in modo molto rudimentale, con ago e filo, cercavo di cucire questi vestiti ispirati mediamente ai film musicali degli anni ’40 e ’50. Avevo già la passione per Billy Wilder, ma anche per Hitchcock, che ancora mi è rimasta».

Libri come film

Questa passione per il cinema la accompagna ancora oggi: «Non è diventato mai un lavoro, ma le dedico molto del mio tempo libero». E non è un caso che Cristina progetti i suoi libri come fossero dei film. Come fosse per un destino ignoto a 12 anni una vicina le regala delle foto: «Era una delle grandi sarte dell’epoca d’oro delle sarte pesaresi, Giuseppina Francolini Magnelli. Io la conobbi quando era già anziana, ma sempre elegantissima, dava a tutti una grande lezione di stile. Venne da me con una busta e mi disse “so che a te interessano i vestiti, i costumi e magari queste foto ti possono piacere”. Erano una decina di fotografie di una sfilata svoltasi intorno agli anni ’50 al teatro Rossini di Pesaro. Ovviamente io, a 12 anni, non diedi particolare attenzione a quelle foto, finché nel 2005, complice il ricordo della mia nonna sarta e del manichino che mi aveva regalato alla sua morte, iniziai una ricerca sulle sarte di Pesaro, sfociata in due libri e una mostra. E devo dire che ancora la gente mi ricorda per questo».

Negli anni in cui è cresciuta Cristina ha anche viaggiato molto con i suoi: «Da lì è nata la mia passione per Parigi e per la Provenza. Tutte cose che hanno contribuito molto alla mia formazione e che hanno influito sui miei gusti attuali. Continuo ad avere una passione smisurata per Matisse, per esempio, per i colori. Ecco, vorrei dedicare la mia vecchiaia a studiare i colori». Cristina si definisce una pigra, ma anche molto curiosa: «penso sempre che non avrò abbastanza tempo per conoscere tutto quello che vorrei. Mi è sempre piaciuto imparare, ed ero brava a scuola, ma anche a connettere le cose». Forse per questo il suo tempo attuale lo passa a connettere il presente con la memoria del passato: «Ho vissuto a Pesaro, ma avevo molti parenti nei paesi dei dintorni e quindi ho respirato la vita di quei luoghi nei racconti dei nonni. Le storie delle persone e dei fantasmi che poi sono confluite in qualche modo nella Dirce, personaggio che racconta il cibo nella sua dimensione culturale» e che ha fatto conoscere Cristina con una manifestazione molto apprezzata come “Un paese e 100 storie”.

Complice della sua creatività la frequentazione del Dams a Bologna e ancora prima del Mengaroni: «Una scelta atipica, perché ero la classica ragazza che avrebbe dovuto fare il liceo classico, ma a me piaceva disegnare e devo ringraziare i miei che mi hanno ascoltato. Mi piaceva studiare le immagini e raccontare attraverso di esse. All’Istituto d’Arte ho fatto Moda e Costume e ho avuto un insegnante come Fiorucci, mancato da poco, a cui devo un’eterna gratitudine. Il Dams di allora era ritenuto un covo di artisti maledetti, un luogo di perdizione e invece io ho trovato insegnanti come Squarzina, Eco, Meldolesi, fino alla tesi, in Iconografia teatrale, con il professor Picchi che mi fece girare per oltre due anni in cerca delle tracce dell’Enrico IV di Pirandello, incontrando un sacco di vecchi attori e attrici». Una bella esperienza da unire a quella a 22 anni, quando curò il suo primo spettacolo importante, come costumista, con la regia di Pippo Baudo, all’Accademia Lirica di Osimo. Raccontare, attraverso le immagini e i costumi, è ormai la originale particolarità dell’arte di Cristina.

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