Il preside Riccardo Rossini: «Tra campi e stelle, ho scelto la scuola»

Il preside Riccardo Rossini: «Tra campi e stelle, ho scelto la scuola»
Il preside Riccardo Rossini: «Tra campi e stelle, ho scelto la scuola»
di Elisabetta Marsigli
5 Minuti di Lettura
Domenica 14 Aprile 2024, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 12:29

Ama la sua Pesaro ed è per questo che non ha intrapreso una carriera di astronomo che lo avrebbe allontanato dalla sua città: Riccardo Rossini ha preferito lavorare nella scuola, a contatto con i ragazzi e il territorio e, dopo quasi 30 anni passati al liceo scientifico Marconi, è l’attuale preside dell’istituto agrario Cecchi, a Villa Caprile. «Mi sono allontanato da Pesaro solo per brevi periodi, per l’Università a Bologna e per dei soggiorni di lavoro - racconta Riccardo - ma la mia residenza è sempre stata qui, tra il quartiere di Loreto e la casa di campagna dei miei a Fonte Saiano a Trebbiantico».

Legami

Ed è proprio la casa di campagna che tiene Riccardo così legato alla sua terra: «La mia famiglia è di origini contadine e fin da quando avevo 5 o 6 anni seguivo mio padre nel lavoro nei campi. È stato un imprinting fondamentale per la mia formazione.

Tanto è che per tutta la vita ho sempre continuato a coltivare il terreno della mia famiglia (una ventina di ettari). Ho perso mio padre quando avevo 16 anni: morì in un incidente stradale, ma fino ad allora ero sempre con lui. Lui coltivava e mia madre aveva un negozio di alimentari in centro, frutta e verdura, dove vendeva direttamente il frutto del nostro lavoro. Quindi ho sempre vissuto questa dicotomia fra l’attività agricola di mio padre e la socializzazione dell’atmosfera culturale che si viveva in centro: è così che ho “coltivato” l’interesse per la semplicità e la bellezza accanto a quello per la complessità e la cultura».

Insieme ad un forte senso per la responsabilità: «Mi alzavo al mattino con la casa deserta: la nonna si alzava alle 5 per andare in negozio ad aprire ai fornitori; mia madre e mio padre si erano alzati alle 6 per andare nei mercati e le mie sorelle erano già all’Università. Quindi mi preparavo la colazione da solo e andavo a scuola, da solo. Per tutti gli anni delle elementari, delle medie e delle superiori i miei genitori non sono mai andati ai colloqui con i professori: non ce n’era bisogno, ero un bravo bambino. L’unica volta che sono stati convocati, per una piccola birichinata alle elementari, ci andò mia sorella, perché i miei non potevano lasciare le loro attività. Mi viene da sorridere, ora che sono preside, pensando a quello che per me è stato il peso della mia famiglia nello studio: nessuna pressione psicologica. Mentre ora, spesso, i ragazzi vivono una certa frustrazione quando disattendono le aspettative. Sono dunque stato un privilegiato».

Le sue giornate si svolgevano fra studio e campagna: «Mio padre è stato forse un folle visionario, ma anche un sagace maestro. Dai 7 ai 14 anni ho imparato un sacco di cose: dal lavoro manuale alla guida dei mezzi agricoli, cose che oggi sarebbero impossibili, perché un genitore finirebbe in galera solo al pensiero di lasciare un bimbo alla guida del trattore, ma allora erano normali. Ho vissuto profondamente quel periodo, nei boschi, sugli alberi, con mio padre e il mio cane, che mi seguiva ovunque, ed era la cosa più bella che potesse vivere un bambino».

Riccardo ricorda ancora quel giorno in cui «salutai mia padre all’ora di pranzo e non lo rividi mai più. Ma tutto il tempo passato insieme mi ha formato moltissimo: mi ha dato un’idea di persona che è capace di vivere in un salotto culturale così come in un circolo di lavoratori agricoli. E qui sta la ricchezza».

Ma poi Riccardo si appassionò di astronomia: «La passione e la curiosità per ciò che ti circonda credo sia una delle cose più belle che si possano avere. L’astronomia mi catturò durante i miei primi anni al liceo scientifico. Mi andai a comprare un cannocchiale e tutti i libri possibili per approfondire l’argomento. Ne rimasi così attratto da decidere di intraprendere anche una carriera professionale e mi iscrissi ad Astronomia a Bologna. Conclusi l’università con ottimi risultati, tanto da proseguire i miei studi nella ricerca e guadagnandomi la possibilità di dirigere l’osservatorio …. Sul Gran Sasso, ma avrei dovuto trasferirmi e non me la sono sentita. L’alternativa era dunque la scuola a cui ho donato anima e cuore».

L’alternativa

E nella scuola ha fatto davvero tutto: «Mi manca di fare il bidello: allo scientifico sono stato prima studente, poi professore di matematica e fisica, poi vicepreside e poi preside. Al Cecchi ora mi sembra di chiudere un cerchio iniziato con le mie passioni da bambino. Un bambino sereno e tranquillo: le marachelle le ho recuperate da grande».

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