Ius culturae, Morani (Pd): «Fare
la legge adesso sarebbe un errore»

Ius culturae, Morani (Pd): fare la legge ora è un errore
Ius culturae, Morani (Pd): fare la legge ora è un errore
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Domenica 29 Settembre 2019, 17:24 - Ultimo aggiornamento: 18:15
Prende la parola Alessia Morani. «Attirerò molte critiche» ma sono «convinta» di «interpretare il »sentimento« della maggioranza delle persone che guardano con simpatia al nostro governo», nel dire che «riprendere ORA il dibattito sull'approvazione» di una legge sullo ius culturae «è un errore». Lo scrive su Facebook Alessia Morani, sottosegretario Pd allo Sviluppo. «Lo ius culturae è un principio sacrosanto» ma «ORA non sarebbe compresa» considerate le «tossine di razzismo inoculate da Salvini». Dunque, propone, «aspettiamo giugno» del 2020.


«Scrivo questo post con la consapevolezza che attirerò molte critiche ma anche con la convinzione di interpretare il »sentiment« della maggioranza delle persone che guardano con simpatia al nostro governo», premette Alessia Morani, sottosegretario al Mise e deputato Pd. «Lo ius culturae è un principio sacrosanto ed una legge di grande civiltà ma riprendere ORA il dibattito sull'approvazione di questo provvedimento è un errore. Una legge di questo tipo deve essere approvata solo dopo avere dimostrato che c'è un modo efficace e diverso da quello di Salvini di governare i flussi migratori e di fare sul serio politiche di integrazione. Il Paese è profondamente diviso sul tema dell'immigrazione e non basterà approvare una legge sullo ius culturae per eliminare le tossine del razzismo inoculate da Salvini. Anzi, rischia di avere l'effetto contrario perché ORA non sarebbe compresa». «Aspettiamo giugno del prossimo anno, diamo il tempo agli italiani di apprezzare la nostra azione di governo e poi approviamo lo ius culturae. Sono anni che diciamo che dobbiamo ritornare in sintonia con il 'popolo' e per farlo, però, occorre prestare davvero l'orecchio a quello che sente il 'popolò. Abbiamo una grande occasione: per dare serenità al Paese e per fare sentire a tutti ma proprio a tutti che siamo un unico popolo a prescindere dal colore della pelle», conclude.
 
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