Ucraina, guerra lampo? Finlandizzazione? Ecco gli scenari e i rischi per l'Europa (dai prezzi ai profughi)

Chi oggi mette in conto la possibilità di una terza guerra in Europa, dato l’immane potenziale distruttivo delle armi nucleari, non è dunque da considerare un pazzo criminale ma al massimo un pessimista che la forza della diplomazia (finora rivelatasi debole) ha il compito di smentire

Quali scenari ora? Dalla guerra lampo alla «finlandizzazione», i contraccolpi per l'Europa (anche su pane e pasta)
Quali scenari ora? Dalla guerra lampo alla «finlandizzazione», i contraccolpi per l'Europa (anche su pane e pasta)
di Mario Ajello
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Mercoledì 23 Febbraio 2022, 11:19 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 06:23

Le avvisaglie di un nuovo conflitto bellico europeo generalizzato, di cui la crisi ucraina è la manifestazione, ci riporta al terrificante incubo delle due catastrofiche guerre novecentesche. Se Putin vuole la guerra lampo, già cominciata con l’annessione di fatto  del Donbass, con Kiev che richiama i riservisti e Biden che annuncia «la Russia la pagherà cara», ogni guerra che comincia con la pretesa della rapidità spesso non rispetta la premessa.

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Chi oggi mette in conto la possibilità di una terza guerra in Europa, dato l’immane potenziale distruttivo delle armi nucleari, non è dunque da considerare un pazzo criminale ma al massimo un pessimista che la forza della diplomazia (finora rivelatasi debole) ha il compito di smentire. 

Il riconoscimento delle repubbliche separatiste e l'ultimatum lanciato a Kiev «di interrompere l'aggressione» troncano ogni speranza di soluzione diplomatica e aprono la strada all'intervento russo. Ora il mondo si chiede con angoscia quale sarà il piano di battaglia scelto dal Cremlino dietro l'annunciata «operazione di peacekeeping». L'armata schierata da Mosca non ha limiti: non esiste possibilità che le truppe ucraine riescano a fermare la carica dei cento gruppi d'assalto. Putin dovrà solo scegliere quanto in profondità colpire, valutando la reazione dell'Occidente e i rischi di perdite.
Due cose sono sicure. Il generale Valerij Gerasimov vuole una campagna lampo: un'offensiva di cinque giorni, come quella lanciata in Georgia nel 2008. E il baricentro delle operazioni sarà spazzare via la linea fortificata di Kiev che circonda il Donbass, in modo da garantire una fascia di sicurezza stabile intorno alle due repubbliche separatiste.

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L'alternativa alla guerra

E Kiev? Un attacco contro la capitale avrebbe un prezzo politico e militare troppo alto. I carri armati dislocati in Bielorussia potrebbero limitarsi a incursioni simboliche, anche attraversando l'area di Chernobyl, per fare sentire la pressione della guerra anche al cuore del potere ucraino e lanciare un messaggio: dovrete sempre fare i conti con la nostra forza. Perché resti impresso nella memoria non è escluso che vengano bombardate centrali elettriche, ponti, basi militari. Tutto quello che - nelle parole di Putin - rappresenta una minaccia alla Russia tornata impero.

L’alternativa alla guerra presunta lampo poteva essere la cosiddetta  “finlandizzazione”. Si intende con questo termine - è con questo concetto caro a Macron la cui applicazione è voluta da molti europei -  la neutralità in politica estera di un Paese dovuta alla vicinanza di uno Stato più potente. Coniato inizialmente in Germania ovest negli anni ’60, il termine si riferisce all’esperienza particolare della Finlandia durante la guerra fredda: il Paese non aderì infatti né al blocco occidentale né a quello orientale, mantenendo rapporti relativamente cordiali con entrambi.

Durante lo stesso periodo Helsinki riuscì anche a mantenere un sistema di governo democratico simile a quello degli altri Paesi scandinavi, preservando un certo grado di indipendenza politica dalla vicina Unione Sovietica. Ma stavolta il disegno di Putin sembra più quello della russificazione che quello della finlandizzazione e i tanti che in Europa in queste ore invocano un’Ucraina neutrale come la Svizzera,  e non russificata ma neanche nell’orbita della Nato,  rischiano di restare delusi perché Usa e ex Urss se la stanno litigando. 

Le conseguenze per l'Europa

Per questo il presidente Volodymyr Zelenskyj insiste nel grave allarme: «La guerra coinvolgerà tutta l’Europa». E con la guerra in Ucraina  l’Europa intera entrerà - dopo oltre mezzo secolo  di abitudine spirituale e materiale alla lave - in una crisi economica e sociale capace di produrre - secondo gli analisti - milioni di disoccupati.  Gli effetti dello stop all’export, creati dalle sanzioni e dalla guerra, saranno quelli più preoccupanti. Perché incidono sull’energia ad uso dei cittadini anche italiani e sulle risorse alimentari. Luce e cibo, insomma. 

La questione dei fertilizzanti è cruciale. Nel muro contro muro, la Russia ha già fatto intendere che può bloccare l’arrivo in Europa dei fertilizzanti di cui il paese di Putin è grande esportatore. Ciò sarebbe devastante per le imprese Ue. Non a caso, l'anno scorso, il costo dei fertilizzanti azotati per gli agricoltori europei è aumentato del 263%. Le mosse di EuroChem, il colosso russo, che ha già chiuso i rubinetti dell'export fino ad aprile, non stanno facendo altro che complicare un quadro che si prevede possa diventare ancora più tremendo per la produzione di cibo in Europa. E gli analisti temono per il 2021 un calo della produzione alimentare nell'Ue fino al 10%, oltre agli inevitabili rincari dei prezzi dei beni. 

 

I contraccolpi economici

Ma non finisce qui: ci sono anche le esportazione di grano. Se la Russia è diventato il primo esportatore mondiale di grano, l'Ucraina è al terzo posto. Dall’Ucraina, per esempio, «arriva in Italia anche grano tenero per la produzione di pane e biscotti per una quota pari al 5% dell'import totale nazionale e una quantitativo di 107mila tonnellate nei primi dieci mesi del 2021. Un valore quasi doppio rispetto a quello proveniente dalla Russia (44mila tonnellate) dalla quale arriva anche il grano duro per la pasta (36mila tonnellate)», scrive Coldiretti. I prezzi del grano e di altri cereali nell'Ue sono già aumentati tra il 38 e il 59% su base annua. Nella quota cereali, c'è per esempio il mais. E chi è il secondo fornitore di mais dell'Italia? L'Ucraina, le cui esportazioni nel nostro Paese coprono circa un quarto del fabbisogno di mais destinato agli allevamenti. 

I contraccolpi economici della crisi in corso e della guerra in l’arte già cominciata non si esauriscono al capitolo dell'import. L'Italia, per esempio, esporta ogni anno in Russia beni per un valore complessivo di 7 miliardi di euro, in particolare macchinari, apparecchiature e prodotti chimici, farmaceutici, alimentari e tessili. È chiaro che Mosca reagirebbe a eventuali sanzioni Ue attuando contromosse sui suoi acquisti dall'estero. 

Il problema dei rifugiati

Ma c'è un altro fattore da tenere in considerazione tra i rischi di un conflitto aperto con Kiev: la potenziale fuga di cittadini ucraini dalla guerra.
Il governo di Varsavia ha valutato che un eventuale conflitto provocherebbe un flusso di almeno 1 milione di migranti, principalmente verso la Polonia. Il premier Mateusz Morawiecki ha promesso che il suo Paese è pronto all'accoglienza, e che farà di tutto perché queste persone “abbiano accesso alle infrastrutture di base, ai mezzi di trasporto, all'istruzione e all'assistenza medica” oltre che a "supporto per i bambini e assistenza psicologica”. 

Una situazione già vista con il conflitto in Siria: emergenza migranti e discussioni sulla ripartizione dei migranti nei vari Paesi. Italia compresa, anzi stavolta ancora più coinvolta. Siamo già infatti il
Paese Ue con la maggiore concentrazione di cittadini ucraini. Il loro numero è raddoppiato negli ultimi dieci anni, passando da 120.000 nel 2006 a circa 240.000 nel 2016. Ora superano i 250.000. La guerra porterebbe un flusso di migranti da noi molto consistente e dovuto  anche alla moltitudine di rapporti familiari già esistenti tra gli ucraini rimasti in patria e quello già da tempo qui in Italia dove hanno trovato un contesto favorevole. Ma con un conflitto in corso e l’intera Europa sconvolta tutto per tutti sarà sempre più difficile.

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