BRUXELLES - Scendono in campo anche gli Stati Uniti. I rischi di nuovi tagli ai volumi di gas russo diretti in Europa, soprattutto alla luce delle forti tensioni tra il Cremlino e l’Occidente sulla militarizzazione del confine orientale dell’Ucraina, mobilitano pure il dipartimento di Stato americano alla ricerca di (per ora difficili) alternative. Nelle scorse ore Washington ha avviato contatti con le principali società energetiche internazionali per predisporre piani di emergenza che possano garantire le forniture al Vecchio continente in caso di un conflitto armato tra Mosca e Kiev. Una nuova aggressione, dopo quella del 2014 che portò all’annessione della Crimea, minaccerebbe infatti, in virtù delle sanzioni economiche, di interrompere i già ridotti flussi di gas verso l’Europa.
I RIFLESSI
I rincari in bolletta nell’Unione europea, insomma, hanno fatto il salto di categoria e sono diventati a pieno titolo un dossier geopolitico, al termine di una settimana di negoziati sulla sicurezza che, fra Ginevra, Bruxelles e Vienna, hanno dimostrato che una distensione non è per il momento a portata di mano.
Dopo i tagli di fine dicembre alle forniture attraverso il gasdotto Yamal-Europe (quando il rally dei prezzi fece toccare il record di tutti i tempi, fermandosi poco sotto i 200 euro al megawattora), Washington era già corsa in aiuto degli alleati dirottando una quindicina di navi metaniere dall’Asia verso l’Europa.
Errori pericolosi/ L’aumento dei prezzi e la politica in ritardo
L’ATTIVISMO
L’attivismo americano arriva in seguito alla presa di posizione della Nato, che si è unita al coro sempre più nutrito di chi punta il dito contro Mosca, accusando il Cremlino di «cinica manipolazione dei mercati energetici» come arma di ricatto politico nei confronti dell’Europa. Del resto, aveva già messo nero su bianco a inizio settimana il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia Fatih Birol, «i bassi flussi di gas russo coincidono con l’aumento delle tensioni attorno all’Ucraina». La spiegazione del caro-gas sarebbe, in sostanza, geopolitica, anche perché farebbe perlomeno «riflettere la condotta di un’azienda che limita l’offerta nonostante un aumento della domanda», ha sottolineato la titolare dell’Antitrust Ue, Margrethe Vestager.
Pressata da un fronte bipartisan di europarlamentari e dai governi dell’est, Bruxelles ha aperto un’indagine sull’ipotesi di distorsione del mercato, ma Gazprom non ha ancora risposto. La corsa dei prezzi dell’energia che in Italia ha portato a un +55% per la luce e un +41,8% per il gas nel primo trimestre dell’anno resta «la massima priorità» della Commissione, ha assicurato Vestager. Mosca, da parte sua, continua a negare di esser dietro la crisi energetica che tiene ostaggio l’Europa, le cui scorte di gas sono ormai piene appena al 50%. Il vicepremier russo Aleksander Novak lo ha detto all’emittente tv Rossiya1: «Né la Russia né Gazprom c’entrano»; secondo la dottrina ufficiale del Cremlino, ad avere determinato i rincari in bolletta nel Vecchio continente sarebbero il lungo inverno che ha prosciugato le riserve e la rapida ripresa economica dei più redditizi mercati asiatici, verso cui si dirigono via mare le forniture di Usa e Qatar.