Barbora Bobulova: «Vorrei interpretare ruoli più sbarazzini, i registi dovrebbero uscire dagli stereotipi»

L'attrice torna in sala con il film "Nata per te": troppa violenza in giro, sono preoccupata per le mie figlie. Le mamme dei maschi dovrebebro dire più no, le cose cambierebbero

Barbora Bobulova in una foto di Azzurra Primavera
Barbora Bobulova in una foto di Azzurra Primavera
di Gloria Satta
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Mercoledì 27 Settembre 2023, 12:27 - Ultimo aggiornamento: 28 Settembre, 07:33

Barbora Bobulova è un’attrice eclettica, bravissima sia nella commedia sia nel dramma.

Slovacca di nascita, naturalizzata italiana, 49 anni insospettabili, è una presenza fissa nel miglior cinema italiano e nella serialità di successo: Il principe di Homburg, Cuore sacro, Manuale d’amore 2, Immaturi, Scialla!, Anime nere, Romantiche, Il sol dell’avvenire sono solo alcuni dei tanti film che ha interpretato e presto la vedremo in tv in Studio Battaglia 2, nella seconda stagione de Il re, poi nel film su Matteo Messina Denaro Lettere a Catello. Intanto in Nata per te (dal 5 ottobre in sala con la regia di Fabio Mollo), l’attrice porta sullo schermo una bellissima storia vera: quella di Luca Trapanese che nel 2017 adottò, primo single in Italia e gay dichiarato, una bambina con la sindrome di Down. Barbora, che nella vita ha due figlie di 16 e 15 anni, Lea e Anita, interpreta l’inflessibile giudice che, decisa ad affidare la piccola a una famiglia tradizionale, dapprima nega all’uomo l’adozione. Ma poi cambia idea perché si è resa conto che Luca sarà un genitore perfetto.

Lei, al suo posto, come si sarebbe comportata?

«Non potrei mai fare un lavoro del genere, che implica grandissime responsabilità. Capisco quella giudice, decisa ad applicare le regole rigorosamente, ma anche le leggi lasciano spazio al buon senso. E lei, che ha a cuore il benessere della bambina, finisce per convincersi che Luca sarà la scelta migliore».

Quando le hanno affidato il ruolo cosa ha pensato?

«Che se c’è da interpretare un personaggio serio chiamano me, mentre io sarei più portata per i ruoli sbarazzini».

È contenta della sua carriera?

«Certo, non mi lamento, ma a volte vorrei che i registi fossero più coraggiosi nell’affidare a noi attrici ruoli forti, fuori dagli stereotipi. Siamo noi a doverli “pizzicare” convincendoli che vogliamo metterci in gioco».

Lei lo ha mai fatto?

«Sì, quando ho girato Scialla!, sono stata io stessa a propormi per il ruolo di pornostar: il regista Francesco Bruni non ci avrebbe mai pensato».

Che ricordo ha della lavorazione di “Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti?

«Esperienza magnifica.

Ho interpretato il ruolo di un’attrice rompiscatole, quanto di più lontano da me. E con Nanni è nata un’amicizia: ha dato una cena per festeggiare il Nastro d’argento che ho vinto per quel film e ad agosto scorso io gli ho fatto gli auguri per i suoi 70 anni».

È preoccupata per le sue figlie adolescenti che crescono in una società flagellata da violenze di genere, abusi, femminicidi?

«Lo sono moltissimo, soprattutto perché il mondo sembra andare indietro, il degrado morale è sotto gli occhi di tutti e per una ragazza i pericoli sono tanti».

Come affronta il problema con Lea e Anita?

«Parlo moltissimo con loro e le metto in guardia, ricordando che siamo in Italia dove la cultura è ancora profondamente maschilista. Quando arrivai qui, 25 anni fa, rimasi sconvolta perché gli uomini mi guardavano le gambe, mi sentivo radiografata, e mi lanciavano pesanti apprezzamenti. Non ero abituata».

C’è un modo, secondo lei, per garantire alle donne il rispetto?

«Dal momento che il problema è culturale, io vorrei fare un appello alle madri dei maschi. Le inviterei ad essere meno servizievoli con i figli: troppa disponibilità li porta a considerare le donne di loro proprietà. Mamme, cominciate a dire più no ai vostri ragazzi».

È mai stata molestata?

«Sono sempre stata in guardia ma una volta, durante una trasferta cinematografica, il regista mi invitò a provare una scena in camera sua. Dissi di no e finì lì. Noi attrici abbiamo gli strumenti per difenderci, ma altre categorie di donne purtroppo rischiano di subire».

È mai stata pagata meno di un attore uomo?

«Non l’ho mai saputo per certo, ma basta guardare i miei colleghi che collezionano case in campagna. Io, al di fuori dell’appartamento dove abito, non mi sono mai potuta permettere altro».

Qual è il successo di cui va più orgogliosa?

«Essere partita dalla cittadina slovacca di Martin ed essere arrivata a realizzare qualcosa in Italia, un altro Paese, in una cultura diversa dalla mia, lontana dalle radici. Ogni tanto tendo a dimenticare tutto il cammino che ho fatto».

Le sue figlie hanno manifestato il desiderio di fare le attrici?

«Ogni tanto il pensiero le attraversa, ma devono ancora schiarirsi le idee. Decideranno con la loro testa, intanto io le spingo a studiare. Un attore non può permettersi di essere ignorante».

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