Rigopiano, 8 colpevoli: un’altra sentenza beffa

La Corte d’appello dell’Aquila infligge pene per un totale di 16 anni Assolti 22 dei 30 imputati, tra i colpevoli c’è l’ex prefetto di Pescara

Rigopiano, 8 colpevoli: un’altra sentenza beffa
Rigopiano, 8 colpevoli: un’altra sentenza beffa
di Lorenzo Sconocchini
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Giovedì 15 Febbraio 2024, 04:45 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 07:35

Un manipolo di colpevoli, appena otto, mentre la Procura generale ne reclamava 26. Un cumulo di pene di 16 anni, contro i 151 invocati dai pm anche nel processo-bis. Sarà certamente deluso chi si aspettava un ribaltone dal verdetto d’appello per il disastro dell’Hotel Rigopiano sepolto da una valanga, a quasi un anno dalla sentenza di primo grado che aveva fatto gridare allo scandalo i familiari delle 29 vittime, tra cui sei marchigiani. Per loro, inutile nasconderlo, un’altra beffa. È vero che tra i condannati ora figura l’imputato dal profilo istituzionale all’epoca più alto, l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, assolto invece in tribunale.

Pene più miti

Ma la pena inflitta ieri dalla Corte d’appello dell’Aquila - un anno e otto mesi per falso e omissioni di atti di ufficio (per la mancata convocazione della sala operativa) ma assolto dall’omicidio colposo plurimo e dal disastro - delinea colpe meno gravi di quelle addossate dai pm, che per lui invocavano una condanna a 12 anni.

Con l’ex prefetto sono stati riconosciuti colpevoli altri due assolti in primo grado. Enrico Colangeli, il tecnico comunale che rilasciò il permesso alla ristrutturazione dell'hotel, è stato condannato a 2 anni e 8 mesi per omicidio colposo e lesioni plurime. Leonardo Bianco, ex capo di gabinetto della Prefettura di Pescara, ha avuto un anno e 4 mesi per falso e come l’ex prefetto ha ottenuto la sospensione condizionale della pena. Sono queste le tre novità della sentenza d’appello per la strage di Rigopiano, arrivata ieri pomeriggio dopo 5 ore di camera di consiglio. Sarebbero gli unici colpevoli, insieme ai cinque condannati in primo grado, per i quali ieri c’è stata la conferma della sentenza di un anno fa, perché la Corte ha dichiarato inammissibile l’appello della Procura di Pescara. Si tratta del sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta e di 2 funzionari della provincia, Mauro Di Blasio e Paolo D’Incecco, responsabili della viabilità e pulizia dell’unica strada che conduceva al resort, isolato da eccezionali nevicate. Pene ridotte da 6 mesi a 5 mesi e 10 giorni (per la prescrizione di ipotesi di falso) per l’ex gestore dell’albergo Bruno Di Tommaso e il geometra Giuseppe Gatto, il consulente che, su richiesta della società Gran Sasso, firmò la relazione tecnica per tettoie e verande. Otto colpevoli su 30 imputati. Tra i 22 assolti figurano, come già in primo grado, l’ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco («per non aver commesso il fatto») e diversi dirigenti della Regione Abruzzo. Bastano questi numeri per concludere che la sentenza, pronunciata ieri dalla Corte d’appello dell’Aquila presieduta dal giudice Aldo Manfredi, non sconfessa né ribalta quella di un anno fa del gup di Pescara Gianluca Sarandrea, contestata allora dai parenti delle vittime, che parlarono di «una nuova offesa ai 29 morti».

Lo sfogo

«Ci aspettavamo di più, questa non è una sentenza, ma un contentino, una pagliacciata», si sfogava ieri a caldo Alessio Feniello, padre di Stefano, 28enne morto sotto le macerie. Tutt’altra catena di responsabilità (e colpe ben più pesanti) avevano ricostruito i pm della Procura di Pescara Annamaria Benigni e Massimo Papalia, riproponendo anche in Appello le conclusioni della requisitoria pronunciata in primo grado. Per loro la valanga che alle ore 16 e 42 del 18 gennaio 2017 si staccò dal Monte Siella, una delle cime del massiccio del Gran Sasso, travolgendo l’Hotel Rigopiano in comune di Farindola, venne innescata da una catena di negligenze e sottovalutazioni del pericolo, tra chi rilasciò le concessioni per l’hotel, chi non chiuse il resort per tempo, benché il meteo prevedesse nevicate, chi non mandò le turbine a liberare l’unica strada d’accesso all’Hotel, nonostante le forti scosse di terremoto che al mattino avevano preoccupato il personale e gli ospiti del 4 stelle. Per la Procura di Pescara - che contestava a vario titolo i reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, abuso di ufficio, falso ideologico, depistaggio e abuso edilizio - le principali responsabilità furono del Comune di Farindola e della Provincia di Pescara, per la pessima gestione dell’emergenza e della viabilità, interrotta dalle nevicate, ma anche per i permessi urbanistici rilasciati all’Hotel. E si aggiunsero, secondo la Procura, gravi mancanze amministrative della Regione Abruzzo e una gestione largamente inadeguata da parte della Prefettura, per la scarsa tempestività ed efficacia nell’emergenza. Ma già in primo grado non era stato riconosciuto il disastro colposo.

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