Longhi ha deciso: «Mi candido a Governatore. Unisco il mondo progressista e scendo in campo contro la destra»

L’ex rettore della Politecnica Sauro Longhi
L’ex rettore della Politecnica Sauro Longhi
di Maria Cristina Benedetti
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Giovedì 9 Gennaio 2020, 09:41 - Ultimo aggiornamento: 14:50

ANCONA - È scritto tutto nei numeri. «Una simmetria così quando ci ricapita? 2020. E poi batte pure paro». Sauro Longhi, ex rettore con ambizioni ormai ufficiali da governatore, sublima il dato. «A qualcuno, vedrete, porterà bene». 
Allora ha deciso di scendere in campo? 
«Mi candido a Governatore. Voglio dare una risposta ai tanti che mi chiedono di impegnarmi per rilanciare le Marche: non solo forze politiche e liste civiche, ma anche singole persone che vorrebbero al servizio della Regione la mia esperienza e competenza, la mia visione di sviluppo sostenibile per l’ambiente e per le persone. Per non lasciare indietro nessuno

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E quali forze rappresenterebbe?

«Ancora non è così esplicito, sono tanti a tirarmi per la giacchetta».
Il barometro del gradimento.
«E questo mi fa un immenso piacere. Non sarà un caso». 
Quindi?
«L’area di riferimento dovrà essere quella progressista, che punta a innovare, a migliorare le nostre condizioni». 
Traduca in sigle e correnti. 
«Quest’area potrebbe contenere tutto il centrosinistra, il Movimento 5 Stelle, molte liste civiche, il mondo del volontariato e della cooperazione, della difesa dei diritti civili, delle pari opportunità, della valorizzazione del dettato costituzionale».
Si propone come il più aggregante dei candidati.
«Penso di avere queste caratteristiche per ciò che ho fatto, raccontato e soprattutto interpretato. Perché ciò che accade va compreso. Se il mondo va in una certa direzione non si può forzare e muoversi in senso opposto, altrimenti si rischia solo di farsi male».
Converta. 
«Se l’Europa punta alla sostenibilità ambientale è chiaro che ogni politica locale e regionale deve avere questo come asse strategico. Oppure non si va da nessuna parte». 
Ripassiamo le puntate precedenti che, secondo i sondaggi, danno la destra largamente in vantaggio. Come pensa di invertire la tendenza? 
«Discontinuità, innanzitutto. Ceriscioli non me ne voglia. E poi, con un progetto chiaro, che punti allo sviluppo economico e al lavoro. Abbiamo tanti giovani che decidono di partire per trovare prospettive adeguate ai loro sogni e alle loro aspirazioni, dobbiamo trattenerli e attrarne tanti altri. Il lavoro sta cambiando con l’arrivo delle nuove tecnologie, dobbiamo accompagnare questo cambiamento, preparando le persone, istruendole sull’uso dei nuovi strumenti. Ribadisco: senza lasciare indietro nessuno».
Cosa non le piace della destra? 
«È incapace di mettere al centro del progetto le persone. Alimenta solo divisioni e intolleranze. Posso mostrarle un oggetto?».
Prego.
«Nel mio zaino c’è sempre questo libricino: la Costituzione italiana. Quando in aula percepisco un calo d’attenzione nei miei studenti, allora leggo loro alcuni articoli. C’è già scritto tutto, compresa la lotta a ogni forma di fascismo». 
Il Movimento propone, la base decide. I 5 Stelle insistono con la piattaforma Rousseau: non è un rischio affidare gli esiti di questa difficile trattativa Pd-pentastellati a un sito internet? 
«Venerdì inizia il mio percorso di ascolto. E con i 5 Stelle ho avuto già degli incontri in cui ho raccontato le mie idee e la mia appartenenza a un’area politica determinata. Alcune delle spinte innovative che propongono sono ben chiare. Se vogliamo rinascere c’è bisogno di nuove idee».
È molto convinto del rapporto che vi lega. 
«Sì». 
Il passaggio dall’insegnamento alla politica non la spaventa? 
«No, basta avere le idee chiare». 
Dal punto di vista etico? Qualche compromesso bisognerà pure accettarlo. 
«Mi ritengo abile nella sintesi».
Che fa, mitiga il termine? 
«Sono sempre stato capace di arrivare alla sintesi, con i problemi complessi, amministrativi e politici-accademici». 
Si parla con insistenza del ticket tra lei e il sindaco di Ancona Valeria Mancinelli. Uno fa il presidente, l’altro il vice. Scenario possibile? 
«Fare il vice della Mancinelli? Non credo. Ma lei si candida? Io non lascerei mai un incarico prima della scadenza». 
Un consiglio spassionato o il timore della concorrenza? 
«Credo che Valeria, con la quale ho lavorato bene per sei anni, abbia ambizioni di politica nazionale. Sono ben altri i primi cittadini da guardare a vista». 
Un esempio? 
«Quello di Pesaro. Ricci appena annunciato il Conte-bis aveva subito aperto ai 5 Stelle, dei quali è sempre stato un detrattore».
I primi provvedimenti che prenderebbe da governatore?
«Il miglioramento del nostro sistema di assistenza sanitaria, così non funziona: deve essere sempre più universalistico. Stessi servizi per tutti, pensando a modelli diversi per territori diversi».
L’esatto contrario di quel che è avvenuto a Fabriano. 
«Pronto soccorso e punto nascita devono offrire la stessa sicurezza a ognuno e ovunque. Il modo per raggiungere questo traguardo di equità c’è, basta volerlo. A me non interessa chi vince il concorso da primario, conta solo il progetto». 
E l’entroterra dimenticato e ferito dal terremoto?
«Il sisma, altro disastro. Le nostre aree interne devono risorgere, capaci di attirare i giovani con servizi e infrastrutture di qualità, dove poter scegliere di vivere. Aree interne colpite tre anni fa da scosse senza fine, dove occorre intervenire con forza e determinazione per accelerare i tempi della ricostruzione».
Un metodo, il suo? 
«Restituire la responsabilità al territorio, ai suoi sindaci e a chi quelle terre martoriate le vive sulla propria pelle. Nel 1997 quel modello funzionò. Perché non è stato replicato?». 
Ancora un tassello. 
«Investire nella conoscenza. E soprattutto nelle infrastrutture. Una vergogna che nelle Marche la società Autostrade, con la chiusura delle carreggiate in A14, ci abbia condannato a un caos infernale. L’ennesima riprova del peso inesistente della nostra regione». 
Cosa risponde ai molti industriali marchigiani che sostengono che il treno dello sviluppo sia passato, perso, che i buoi siano fuggiti fuori dalla stalla? 
«Che è vero. Quindi dobbiamo andarceli a riprendere».
Come? 
«Le nuove tecnologie aiutano a mettersi insieme. Dobbiamo portar su tutti. Io sono per far crescere culturalmente questa regione: ne è capace, lo ha sempre fatto. Gli artigiani digitali esistono».
Dall’università a Palazzo Raffaello, per lei le Marche sono sempre un laboratorio. 
«Io sono un ingegnere e come tale la prima cosa che faccio è l’analisi del problema. Qualunque problema complesso ha una soluzione e la parte di analisi va sviluppata con una squadra, perché io non sono quello dell’uomo solo al comando. Ho bisogno di donne e uomini competenti, che condividano con me il progetto. Li sto cercando». 
Qualche nome? 
«È presto per farne. Di certo mi sto concentrando su un personaggio della cultura, settore strategico. Irrinunciabile come la manifattura». 
Conte o Monti, come tecnico a quale dei due modelli di premier si sente più vicino? 
«Conte. Chi questa estate non è rimasto incollato al televisore per ascoltare i suoi discorsi in Parlamento contro Salvini? Eccitanti. Sa parlare alla gente. Ma c’è un’altra figura alla quale mi ispiro». 
Il nome?
«Papa Francesco. A Loreto ha declamato il Cantico delle Creature. Come me si è formato in un istituto tecnico e sa l’importanza dell’armonia tra ambiente e umanità».
Un post per l’attuale governatore Ceriscioli? 
«Ribadisco: serve discontinuità. Possiamo ancora prendere quell’ultimo treno».
Fissi la linea di demarcazione. 
«Se vincerò starò più a Roma che a Palazzo Raffaello. Per sbattere i pugni sul tavolo, per far valere la nostra terra».
 

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