Il Misa fa sempre paura. Gli alluvionati delle Marche: «Delocalizzate le nostre case. Basta chiacchiere ora fiumi al sicuro»

Il Misa fa sempre paura. Gli alluvionati: «Delocalizzate le nostre case. Basta chiacchiere ora fiumi al sicuro»
Il Misa fa sempre paura. Gli alluvionati: «Delocalizzate le nostre case. Basta chiacchiere ora fiumi al sicuro»
di Sabrina Marinelli
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Mercoledì 15 Marzo 2023, 03:15 - Ultimo aggiornamento: 15:05

SENIGALLIA  - Sono passati sei mesi esatti da quel 15 settembre che ha sconvolto le Marche nel profondo. «Uno tsunami», lo aveva definito il governatore Francesco Acquaroli. E a ragione, perché è stato molto più di un alluvione quello che si è abbattuto sul Pesarese e sull’Anconetano, spazzando via 13 vite (il corpo di Brunella Chiù non è ancora stato trovato e proseguono le ricerche). Ancora oggi, ci sono 400 nuclei familiari sfollati - 36 persone tuttora in albergo a Senigallia - e 500 aziende hanno riportato danni.

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L’Anas ha approntato un piano di risistemazione di strade e ponti da 160 milioni di euro (mentre la Provincia di Ancona è già partita con i lavori nelle strade di sua competenza perché ha anticipato 2 milioni di euro, fa sapere il presidente Daniele Carnevali) e il fabbisogno per coprire le richieste di famiglie e imprese è di 280 milioni di euro.

I freddi numeri che danno la dimensione della tragedia.


Il bilancio


Sei mesi dopo, cosa è stato fatto per dare risposte ai territori sfregiati? Traccia il quadro la Regione, per voce del vice commissario al post-alluvione Stefano Babini: i 5 milioni di euro stanziati dal Governo Draghi sono stati quasi completamente erogati a 3 mesi dall’alluvione per Cas e primi rimborsi delle spese sostenute dai Comuni per l’emergenza. Per quanto riguarda i 98 milioni di euro – prima tranche dei 400 milioni tra il 2022 e il 2024 – del governo Meloni già a disposizione della Regione, 24 arriveranno nelle casse dei Comuni tra venerdì e lunedì per ristorare parte dei danni subiti da famiglie e imprese. Gli altri 74 milioni disponibili verranno erogati ai Comuni quale ristoro per le spese di gestione dell’emergenza appena inoltreranno la rendicontazione. «Sono tanti i cantieri messi in campo e le opere in progettazione – spiega Acquaroli - . La cosa che più vogliamo è restituire la normalità a questi territori e dare risposte all’altezza delle richieste». 


Le voci


E un’inchiesta, spostata a L’Aquila e nella quale al momento non ci sono indagati, dovrà fare luce su quanto successo. Intanto, gli alluvionati devono fare quotidianamente i conti con la realtà e non si sentono sicuri. Alcuni comitati si incontreranno oggi alle 12 su Ponte Angeli dell’8 dicembre 2018 a Senigallia. «Non vogliamo creare disagi alla città – precisa Ivano Sbrollini, Borgo Bicchia – ma farci sentire per chiedere un fiume sicuro». «Basta chiacchiere, vogliamo i fatti – aggiunge Andrea Morsucci, Comitato tra 2 fiumi -.

L’interesse primario, oltre all’aiuto economico che è importante, è la messa in sicurezza del fiume. Speriamo di non dover piangere altri morti, perché nelle ultime due alluvioni ce ne sono stati 17 e non dobbiamo dimenticarcelo». La più giovane vittima è Mattia Luconi. Aveva appena 8 anni. «Per me sono stati sei mesi d’inferno – racconta il papà Tiziano - Non ho dormito e non li auguro a nessuno. Questi errori non devono essere più commessi. Mattia deve essere un monito: va fatta prevenzione».

Rabbia anche a Molino Marzzana. «Siamo passati dalle somme urgenze all’urgenza cronica – interviene Stefano Mencarelli che tende a diventare la nuova normalità. Delocalizzazione è l’unica soluzione che può ridare serenità e speranza a coloro ai quali il fiume ha tolto tutto. Ancora una volta, e non sarà l’ultima».

Il sindaco di Senigallia Massimo Olivetti sta portando avanti questa battaglia: «Ci sono case dove è troppo pericoloso tornare. Oltretutto ad un solo piano, dove la gente non può mettersi al sicuro durante un’allerta. Chiediamo alla Regione degli indennizzi per poterle delocalizzare. Una soluzione definitiva per convivere in sicurezza con il fiume è la priorità di tutti perché non si può continuare a vivere così. Tornerò a Roma anche domani (oggi ndr) per ricordarlo a chi ci governa». 

Il futuro

Ad Ostra il Comitato 15 settembre delle valli Misa e Nevola si è battuto per l’ufficio di fiume, ottenuto. «Deve rimanere permanente anche per il futuro – spiega Mirko Guazzarotti, vicepresidente – e devono ascoltare chi ha la conoscenza storica dei luoghi, chi ci vive. I lavori qui sono iniziati ma siamo preoccupati per il proseguo perché la coperta è corta e i soldi vanno spesi bene.  Bisogna fare presto. A parte il Cas e la solidarietà – conclude – gli alluvionati hanno avuto zero». Le voci di chi, in quella notte maledetta, ha perso tutto: affetti, case, lavoro, ricordi. Una ferita aperta che dopo sei mesi non si è ancora rimarginata. E come potrebbe?

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