L’ex primario Leonardo Felici diventa gettonista, la svolta a fine carriera: «Ma non forma professionalmente»

Il pediatra Felici in pensione abbraccia le coop, però è critico rispetto al fenomeno «Paghe alte? Allettante per i giovani medici, ma non crescono professionalmente»

L’ex primario Leonardo Felici diventa gettonista, la svolta a fine carriera: «Ma non forma professionalmente»
L’ex primario Leonardo Felici diventa gettonista, la svolta a fine carriera: «Ma non forma professionalmente»
di Andrea Maccarone
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Venerdì 25 Agosto 2023, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 26 Agosto, 08:20

Dottore Leonardo Felici, ex primario di Pediatria dell’Azienda Sanitaria Territoriale Pesaro Urbino, dopo 40 anni di onorata carriera nella sanità pubblica, ora in pensione, ha scelto di proseguire la professione da gettonista. Come mai? 
«In realtà è avvenuto tutto molto casualmente: l’ospedale di Civitanova era carente di personale in pediatria, mi hanno contattato e ho accettato. Mi permette di rimanere in attività e proseguire la libera professione. La mia non è certo ricerca di guadagno». 

 
Ma quanto guadagna lei da gettonista? 
«Ottanta euro lorde all’ora. Il che vuol dire che tolto il 47% di tasse, il 10% di Enpam (l’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Medici, ndr) e l’assicurazione, rimane meno della metà». 
Per avere un’idea: rispetto a quanto guadagnava da primario è molto di più? 
«Il mio stipendio netto era di 4.400 euro, 200 euro netti al giorno. Con un turno di 12 ore da gettonista si arriva a guadagnare intorno a 400 euro netti al giorno. Ma, mi perdoni, qui il problema non sono i soldi». 
E qual è allora? 
«È il sistema. Qui servirebbe una riorganizzazione seria del sistema sanitario. Quella dei gettonisti è un’anomalia». 
In che senso? 
«Negli Stati Uniti, dove ho lavorato, i gettonisti ci sono da sempre. Ma vengono impiegati in mansioni sanitarie di minor rilievo. Qui, invece, sono in prima linea e vanno a coprire le emergenze». 
Un fenomeno in crescita anche nelle Marche, lei che opinione si è fatto? 
«È un percorso professionale anomalo, falsato soprattutto per i giovani medici che attirati dai guadagni rischiano, però, di non crescere professionalmente». 
E per quale motivo? 
«Faccio un esempio per quella che è stata la mia esperienza da pediatra: questo tipo di reparto è un organismo unico, dove c’è un capo, una mission, procedure condivise, abitudini, rapporti personali. Se invece arriva un medico la sera, e la mattina dopo se ne va, non può fare gruppo e non giova neanche al professionista stesso a livello di crescita». 
Lei ritiene che il ricorso ai gettonisti vada ad indebolire la sanità pubblica? 
«Senza dubbio sì, è un rimedio tampone che costa e non fa crescere. Ribadisco: una situazione anomala che, spero, sia transitoria e deve finire». 
Se avesse potuto fare il gettonista quando era un giovane medico lei, ne avrebbe approfittato? 
«Sinceramente: no. Mi sono laureato nel ‘78, assunto nell’86. Per quel lasso di tempo di 8 anni ho lavorato senza percepire un euro. Facevo il medico in piscina il pomeriggio per guadagnare qualcosa. Sono stato 40 anni nella sanità pubblica perché credo nella funzione che svolge». 
Ad un giovane che invece volesse fare questa scelta cosa consiglierebbe? 
«Di fare attenzione, perché è vero che la proposta è allettante. Ma non forma professionalmente».
 

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