Dopo il Covid l'economia marchigiana cambia pelle: imprese più digitali e banda larga per il 99%

Dopo il Covid l'economia marchigiana cambia pelle: imprese più digitali e banda larga per il 99%
Dopo il Covid l'economia marchigiana cambia pelle: imprese più digitali e banda larga per il 99%
di Maria Cristina Benedetti
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Sabato 5 Novembre 2022, 05:20

ANCONA - La lezione del Covid è pura tecnologia. Più investimenti in digitalizzazione, rivoluzione nella produzione e nelle vendite, e l’e-commerce che spopola ovunque. Con la crisi della pandemia le imprese iniziano a cambiare pelle. L’ultima edizione del Regional innovation scoreboard (Ris), tradotto in Quadro di valutazione dell’innovazione regionale, segnala un deciso miglioramento delle Marche rispetto alla media dell’Unione europea: da 77,4 del 2014 l’indice passa a 90,6 del 2021. Un progresso che surclassa persino quello di altri territori italiani.


La spallata 


Il dato ne suggerisce un altro.

Secondo un report stilato da Politecnica, Camera di Commercio e Punto impresa digitale, qui la percentuale di aziende, con almeno 10 addetti, che hanno introdotto innovazioni tecnologiche è aumentata nell’ultimo decennio: viaggia oltre il 40%. L’ultima spallata a un atavico isolamento: l’Istat nel 2021 fissa al 99% la quota di quelle che possono accedere alla banda larga. Il recupero sul futuro, che avanza inesorabile, non è solo conversione dei documenti cartacei in file elettronici, ma introduce tecnologie capaci di rendere i processi più efficienti e veloci. Determinante è l’impatto sulle competenze individuali e sui modelli organizzativi. Un processo, tuttavia, in salita: nel 2019 le Marche si trovavano al 16esimo posto nella classifica dell’indice di digitalizzazione. Un freno tirato per via della dimensione delle imprese, relativamente piccola, e per il livello di urbanizzazione più contenuto. 


Lo studio 


Tra i fattori di questa nuova narrazione, auspicata da sempre, conseguenza di due anni di buio, di stop esistenziale forzato, c’è ancora l’elemento-pandemia che ha inciso pure sulla demografia d’impresa. L’ultimo studio della Banca d’Italia evidenzia come la cifra della natalità netta sia a favore dei comparti di attività caratterizzati da una maggiore intensità digitale, che ne potrebbe avere favorito la resilienza durante la crisi e il recupero nella successiva fase di ripresa. Ne deriva una lieve ricomposizione verso quelle realtà più avanzate che, nel 2019, rappresentavano il 14% del totale: una quota inferiore a quella del sistema-Paese e superiore di 1,5 punti percentuali rispetto al dato regionale del 2010. Nel 2020 le loro iscrizioni sono calate del 9,9% rispetto all’anno precedente, a fronte di una flessione del 21,6% negli altri comparti. Nei primi tre trimestri del 2021 la variazione complessiva rispetto al periodo corrispondente del 2019 è stata, invece, positiva e pari al 13,3%: negli altri comparti vi è stato un ulteriore calo del 4,6%. Un parametro dal quale se ne deduce un secondo. Ovvero la crescita, indiscussa, delle imprese ad alto tasso di digitalizzazione significa che si incrementano i servizi verso le aziende che non vogliono più rimandare la rivoluzione tecnologica. 


La formazione 


Va di analisi, Aldo Bellagamba: «Il principale driver è stato il ricorso al lavoro a distanza». Il docente di Economia e gestione delle imprese dell’Università Politecnica entra nel profondo delle pieghe d’una riconversione culturale: «Molti non disponevano di una organizzazione adatta e di strumentazioni tecniche idonee. L’investimento in nuove attrezzature informatiche e nella formazione del personale è diventato indispensabile». La diffusione dello smart working, tra il 2021 e la metà di quest’anno, imprime un cambiamento non occasionale. Uno spartiacque. E’ lo stesso spazio temporale durante il quale la quota di coloro che dichiarano di aver fatto acquisti in rete passa dal 30 al 40%. «Un aumento che solo in parte - rimarca il professore - va a beneficio delle imprese». Le vendite via web sui fatturati di chi conta almeno tre addetti passano da un 3,1% del 2019 a un 4,2% nel 2021. Il controcanto è schiacciante: con Amazon, il colosso statunitense del commercio elettronico, sono invece cresciute del 60%, da 4,5 a 7,25 miliardi di euro. La lezione delle diseguaglianze.

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