ANCONA - C’è una prima contabilità ufficiale - per quanto estremamente parziale - dei danni provocati dall’alluvione che tra il 15 e il 16 settembre ha invaso le vallate del centronord delle Marche. È stata completata dalla Regione Marche la ricognizione delle devastazioni provocate all’agricoltura dall’esondazione di alcuni fiumi, dal Burano al Sentino, dal Misa al Nevola ad altri corsi d’acqua. Secondo una delibera dalla giunta regionale la conta dei danni, solo per questo limitato aspetto relativo alle imprese agricole, ammonta a 30 milioni di euro, principalmente concentratati nelle province di Pesaro Urbino e Ancona, con propaggini anche nell’entroterra Maceratese.
Le perdite umane
Siamo solo a una piccola voce di un bilancio dell’alluvione pesantissimo. Oltre alle perdite incalcolabili in termini di vite umane (13 vittime, una ancora dispersa) le proiezioni della Regione sui danni della catastrofe ambientale di tre mesi hanno sempre superato il miliardo di euro, tra danni diretti e indiretti alle attività produttive (alcune delle quali hanno subito lunghi stop), l’inondazione di terreni agricoli, l’impatto su viabilità e infrastrutture e i danni alle abitazioni private, visto che gli allagamenti hanno interessato anche centri urbani molto popolati, tra cui una città di 45mila abitanti come Senigallia.
Pian piano la contabilità di quelle devastazioni - per le quali è stato dichiarato lo stato d’emergenza con delibera del Consiglio dei ministri - sta cominciando a prendere forma.
Come ad esempio nella delibera di giunta regionale approvata di recente per chiedere al ministero dell’Agricoltura di riconoscere il carattere di calamità naturale alle eccezionali piogge del 15 e 16 settembre scorsi (fino a 400 mm nell’arco di poche ore) e attivare il fondo di solidarietà nazionale per i danni all’agricoltura marchigiana.
«La ricognizione - si legge nella delibera di giunta - evidenzia che il danno totale alle strutture comporta interventi di ripristino di fabbricati e serre per le attività vivaistiche, il ripristino della coltivabilità dei suoli agrari previa rimozione del materiale, vegetale e inerte, lasciato dalla piena, la modellazione di nuove arginature o opere di difesa aziendali, il ripristino della rete scolante dei fondi tramite la nuova realizzazione di canali o l’efficientamento di quelli esistenti. Da ripristinare anche arboreti da frutta e impianti irrigui».
Nella contabilità dei danni sono da includere anche interventi di riduzione del rischio di frana sui versanti coltivati, interventi di ripristino del potenziale zootecnico (riacquisto di animali riproduttori morti) e di riparazione o riacquisto di attrezzature e macchine. «Notevoli - fa notare ancora la delibera - sono anche le scorte da riacquistare perse o deteriorate dalle acque».
Ci sono poi i danni alla viabilità rurale interpoderale segnalati in particolare da sette comuni per un ammontare complessivo di 4.482.000 euro. I danni agli impianti irrigui collettivi sono prevalentemente evidenziati in relazione all’invaso di accumulo di Castreccioni di Cingoli, per un ammontare di 1.855.000 euro.
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