L'immunologo Silvestri: «Stop al tampone negativo che sostituisce il vaccino. Ora arriva la nostra pillola»

Il prof Guido Silvestri, originario di Senigallia e docente all'Emory University di Atlanta
Il prof Guido Silvestri, originario di Senigallia e docente all'Emory University di Atlanta
di Andrea Taffi
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Sabato 20 Novembre 2021, 11:10 - Ultimo aggiornamento: 21 Novembre, 10:30

Guido Silvestri, ordinario di Patologia Generale alla Emory University di Atlanta e soprattutto uno dei maggiori studiosi a livello internazionale del Covid-19: il tema del giorno è adottare o no misure restrittive sul Green pass. Lei cosa ne pensa? Se sì che taglio darebbe a questo inasprimento visto che lei non è d’accordo su quelle generalizzate?
«Credo che in questa fase della pandemia e della campagna di vaccinazione di massa contro il Covid la reintroduzione di restrizioni generalizzate - che coinvolgano quindi le persone vaccinate - sarebbe ingiustificata da un punto di vista medico-scientifico, molto discutibile sul piano etico, e terribilmente sbagliata sul piano della comunicazione. Le persone vaccinate hanno scelto di fare la cosa giusta e non possono essere punite. Inasprire il Green pass, invece, mi trova d’accordo, per esempio eliminando la possibilità di sostituire il vaccino con il tampone negativo (o magari solo con tamponi negativi giornalieri)».

 
Altro tema di periodo è la renitenza della popolazione alle terze dosi: sono stati utilizzati tutti gli argomenti giusti secondo lei?
«Domanda difficile.

A me sembra che la campagna per le terze dosi sia partita abbastanza bene, in Italia come qui negli Usa, poi naturalmente ci vuole del tempo per raggiungere numeri importanti. In termini di comunicazione credo che convincere a fare una terza dose chi già ne ha fatte due sia meno difficile che convincere un no-vax duro e puro a farsi la prima dose». 


Nel post di due giorni fa lei scrive, tra le altre cose, di vaccinare i ragazzi tra 5 ed 11 anni. I genitori sono timorosi, come arginare il fiume di fake news che circola sul tema?
«Enti come la Accademia Americana di Pediatria, la Food and Drugs Administration (Fda), il Centers for Disease Control (Cdc), ed in Italia la Società italiana di pediatria, hanno tutti unanimamente raccomandato la vaccinazione per i bambini tra i 5 e gli 11 anni, e questa decisione mi trova assolutamente d’accordo. Un bambino rischia più con il Covid che non con il vaccino, su questo non c’e’ dubbio».


Alcuni medici contestano: non sono stati raccontati tutti gli effetti avversi.
«Non è vero, la farmacovigilanza sui vaccini contro il Covid è perfettamente funzionante». 


Nelle Marche siamo pronti ad allargare il numero delle terapie intensive (altra raccomandazione fatta da lei) ma un grande interrogativo è la scarsità del personale. I medici possono scegliere, dice l’assessore quando vede che i bandi vanno deserti. Come si invoglia uno studente a diventare rianimatore? 
«Beh, sul fatto che si debba allargare il numero di terapie intensive nelle Marche (ed in tutta Italia) siamo tutti d’accordo, ma è ovvio che ci voglia tempo e, soprattutto, molte risorse, sia di personale che di infrastruttura e tecnologia. La mia speranza è che la pandemia abbia fatto aumentare il numero di giovani che vogliano diventare medici o infermieri di terapia intensiva». 


Qual è la sua opinione sul caso Inghilterra: dal freedom day del 19 luglio all’aumento dei contagi fino a due settimane fa, poi la discesa dei casi. Ma siamo sempre a 40mila al giorno... Scientificamente qual è il motivo di questo dietrofront?
«In Inghilterra hanno deciso, a mio avviso giustamente, di non reintrodurre nuove restrizioni generalizzate, mentre si sta spingendo con grande forza sulla campagna vaccinale, a partire da terze dosi per i soggetti a rischio. Bisogna tenere presente che grazie ai vaccini la letalità “calcolata” di Covid, o infection fatality rate, è scesa di circa il 90% (da circa il 2% a circa il 0.2-0.3%), e quindi numeri anche alti di casi non sono così invariabilmente problematici come lo erano in passato (o come lo sono tuttora nei paesi a basse percentuali di vaccinati)».


Le Marche sono state un modello per la seconda dose: di questo passo non rischiamo di dilapidare un patrimonio di costi, sacrifici e organizzazione?
«Sono convinto che le mie Marche faranno bene con le terze dosi come hanno fatto con le prime e seconde dosi!».


Un tema che le è caro: quali progressi abbiamo fatto sul fronte delle terapie?
«Molti progressi, ed anche molto importanti. A partire dagli anticorpi monoclonali, che dopo un inizio stentato hanno acquisito un ruolo fondamentale nel limitare il rischio di Covid severo nei pazienti a rischio, ed infatti qui negli Usa ne abbiamo usato oltre un milione di dosi. Ma l’ultimo grido sono i farmaci antivirali che possono essere somministrati per via orale, come il “nostro” Molnupiravir (nostro, in quanto inventato alla Emory University dove insegno da molti anni), ed il promettentissimo Paxlovid, che nel primo studio ha ridotto la mortalità dell’89%. Ecco perché bisogna rimanere ottimisti: la scienza sta sconfiggendo il virus per tutti noi».

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