I beffati di Banca Marche: «Risarcimenti a ogni costo». Strada complicata ma c'è un tesoretto da 500 milioni

I beffati di Banca Marche: «Risarcimenti a ogni costo». Strada complicata ma c'è un tesoretto da 500 milioni
I beffati di Banca Marche: «Risarcimenti a ogni costo». Strada complicata ma c'è un tesoretto da 500 milioni
di Federica Serfilippi
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 25 Gennaio 2023, 02:30

ANCONA Una strada in salita. Archiviata la sentenza di condanna per il crac di Banca Marche, con il riconoscimento in primo grado delle responsabilità di 6 imputati, per le 3.200 parti civili costituite si apre un altro capitolo: quello dei risarcimenti. Il collegio penale ha decretato che sarà il giudice civile a quantificare la somma spettante a chi ne ha diritto. Al di là delle provvisionali riconosciute per un massimo di 15mila euro, dovrà essere incardinato un nuovo procedimento. 


Gli ostacoli


«Bisognerà avviare una causa civile - afferma l’avvocato Andrea Nocchi, che tutela ex azionisti - ma le possibilità di recuperare qualcosa sono davvero ridotte. È una doppia beffa, anche perché bisognerà spendere altri soldi». E tempo. Le possibilità sono ridotte per due fattori: all’epoca delle indagini non erano scattati sequestri patrimoniali nei confronti dei futuri imputati. E poi, da una ricognizione eseguita dai legali delle parti civili nel corso del processo, non risulterebbero esserci beni immobili in capo alla maggior parte degli imputati condannati. Da dove dovrebbero arrivare allora i risarcimenti, sempre che la sentenza diventi definitiva? «Occorre verificare - afferma l’avvocato dell’Adusbef Paola Formica- l’operatività delle assicurazioni stipulate all’epoca per i dipendenti apicali di Bdm e se ci sono redditi. Avevamo verificato il patrimonio personale, ma non c’erano proprietà immobiliari intestate. Si potrebbe valutare la possibilità di agire nei confronti dei presunti responsabili civili, che non sono entrati nel processo. È un’ulteriore strada in salita, ma ci sono vari percorsi per recuperare i soldi.

Uno di questi è il Fir». È il Fondo indennizzo risparmiatori, istituito dal Governo nel 2018 per risarcire azionisti o obbligazionisti delle banche fallite. Ai primi è stato riconosciuto i 95% del costo delle azioni, ai secondi il 30% del costo delle obbligazioni subordinate. Dei 44mila azionisti di Bdm, in 5mila hanno fatto richiesta di indennizzo. E dunque l’Adusbef «chiede la possibilità di poter ripresentare le domande» che in un primo momento non erano state accolte o non formalizzate. «Sarebbe inoltre auspicabile che i fondi venissero messi a disposizione per l’intero pacchetto azionario».

Il tesoretto


Nel Fondo è rimasto un tesoretto di circa 500 milioni di euro. La capacità iniziale era di un miliardo e mezzo, da stanziare dal 2019 al 2022, anno in cui sono scaduti i termini per le domande. «Chiediamo - afferma l’avvocato Corrado Canafoglia dell’Unione Nazionale Consumatori - che i milioni residuali vengano ripartiti anche tra chi ha già ottenuto l’indennizzo. Chi è stato risarcito ha il diritto di ottenere ulteriori somme. In questa direzione, sono in atto interlocuzioni in atto con il Governo». Escludendo il Fondo, la partita dei risarcimenti, seppur complicatissima, è aperta su più fronti. «La possibilità di recuperare qualcosa - continua Canafoglia - è minima ma ci muoveremo in massa per ottenere il maltolto. Il processo ha fatto luce sulla gestione commissariale e su alcuni soggetti che non sono entrati nel procedimento. Questo ci consente di decidere a chi andare a bussare: le assicurazioni di Bdm, i commissari e la società di revisione dei conti. Tutti vogliono i soldi che gli spettano e da qualche parte li andremo a prendere». 


Il processo


«Il processo penale - dice l’avvocato Ezio Gabrielli dell’Adiconsum - è stata solo una delle iniziative messe in campo dai nostri associati, che si sono mossi anche in altre sedi». Ovvero, il Fir e le cause civili degli azionisti (che avevano partecipato all’aumento di capitale del 2012) contro la società di revisione, la Price Waterhouse Cooper. «La sentenza delle sei condanne è un primo grado, da parte nostra la vigilanza rimarrà attiva». La partita, dunque, non è finita e l’attenzione deve restare alta fino alla fine. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA