ANCONA - Non ci voleva molto, con 52 candidati in lizza, a capire che saremmo finiti esattamente a questo punto. A distanza di tre mesi dalla chiusura della call del minstero per la presidenza dell’Autorità di sistema portuale Adriatico Centrale siamo dove eravamo a dicembre scorso. Cioè impantanati, alla casella del via di un gioco dell’oca diventato telenovela. Superata la foglia di fico delle proteste dei portuali per il Green Pass, il caso-Ancona è sempre più una matassa inestricabile.
L’indiscrezione confermata
È confermata l’indiscrezione della scorsa settimana che il ministro Giovannini avesse sondato i governatori Acquaroli e Marsilio per la nomina dell’ammiraglio Moretti, comandante della guardia costiera delle Marche ricevendo però valutazioni gelide per quanto rispettose del servitore dello Stato. È il secondo veto sull’ufficiale elpidiense dopo che a giugno si era ventilata l’ipotesi che diventasse commissario. Il governatore tiene il punto sulla richiesta di discontinuità e da lì non si schioda. Parentesi: in questi giorni Moretti sta per chiudere la sua onorata esperienza in divisa per passare in pensione ma difronte a un porto senza presidente e segretario ritrovarsi anche senza la direzione marittima della guardia costiera sarebbe un affronto al capoluogo. Si parla di proroga di alcuni mesi. Chiusa parentesi. Acquaroli, piuttosto, pare abbia chiesto a Giovannini l’unico nome dei 52 in lizza che ha avuto esperienza di guida di autorità portuale: il messinese Garofalo.
Una scelta ineccepibile
Una scelta ineccepibile, legge alla mano, con garanzie di presenza sul territorio. E Giovannini pare abbia preso tempo. Ma la china si è fatta scivolosa: se i candidati iniziano ad elidersi uno dietro l’altro con Pd e Fratelli d’Italia che non trovano la quadra, il rischio è di cadere in una spirale in cui i prossimi candidati a finire nella nebbia potrebbero essere i due docenti esperti di porti, logistica e trasporti: il genovese Musso e la bolognese Tellarini.
La norma Matteoli
Quello cioè in cui il ministro potrebbe avvalersi della norma Matteoli. Si tratta dell’articolo 8 della legge 84 che attribuisce al titolare delle Infrastrutture, se non trova l’intesa sul nome da lui proposto, di portare la proposta di nomina al consiglio dei ministri che decide definitivamente e taglia fuori i presidenti di regione. Se davvero così fosse siamo arrivati al filo del rasoio: sempre dai corridoi del ministero si parla anche del nome che potrebbe offrire le garanzie del caso. Si parla dell’attuale commissario straordinario Pettorino che però per la legge Madia in quanto in pensione, non potrebbe ricoprire l’incarico. Peraltro secondo radio banchina sarebbe già stato fatto un sondaggio d’estate su Pettorino ma anche questo non sembra sia stato gradito da Acquaroli. E lo stesso commissario alla conferenza stampa di nomina lo scorso luglio - quando ancora era comandante generale della guardia costiera - sul punto preciso aveva alzato le mani per non ipotecare il futuro.
Il totonomine
Ma da Pettorino a un’ipotesi terza, sempre in linea con l’estrema ratio, possono passare mille nomi: dal ritorno dell’ex segretario Paroli (oggi a Livorno, ipotesi quasi impossibile) al segretario di Bari Vespasiani (ex di Ancona, confermatissimo, anche qui parliamo di confini della realtà). Ne potrebbe seguire altri di nomi. L’unica certezza purtroppo è quella che nessuno voleva avere: arrivare a Natale senza presidente in carica.
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