MACERATA - Il lavoro c’è, ma mancano i lavoratori. È il paradosso di una situazione che ha dell’incredibile. Un assunto che, a pronunciarlo qualche anno fa, avrebbe creato file di disoccupati per accaparrarsi il posto di lavoro. Oggi, invece, dopo anni di crisi economica e verso la fine - si spera - di una pandemia mondiale, la ripresa di alcuni settori e l’offerta di lavoro non vanno di pari passo con la domanda. A lanciare l’allarme sono le associazioni di categoria che raccolgono le necessità delle aziende consociate, cercando di trovare soluzioni a problemi inaspettati.
Problemi identici pur nei diversi settori, come testimoniano le dichiarazioni sullo stesso piano del presidente di Cna Macerata Maurizio Tritarelli, del presidente della locale associazione dei costruttori di Confidustria Carlo Resparambia e del segretario Confartigianato Macerata, Fermo e Ascoli Giorgio Menichelli. «La produzione – evidenzia Tritarelli - è ostacolata non, come nel passato, dalla mancanza di ordini, ma dall’assenza sul mercato di alcune componenti vitali per il ciclo produttivo: le materie prime e la manodopera. Nella nostra provincia sta crescendo il numero delle imprese attive: dal 28 febbraio al 30 settembre abbiamo un saldo positivo di ben 316 imprese in più a cui fa però da contraltare l’enorme richiesta di professionalità da parte delle imprese.
L’Osservatorio Excelsior di UnionCamere calcola 2.700 opportunità di lavoro al mese nella sola provincia di Macerata e 13.400 in tutta la regione». Tritarelli elenca quindi i settori più ricettivi ed i profili maggiormente richiesti: «Per la maggior parte (47%) si cercano operai specializzati e conduttori di impianti e macchine, professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi (27%), professioni tecniche (8,5%). A cercarli sono le imprese di produzione di beni e servizi (56%), quelle commerciali (14%) e della logistica (12%)».
Secondo Menichelli, poi, l’inghippo principale sta «nella mancanza di incontro tra domanda e offerta di manodopera: abbiamo lavoratori che cercano occupazioni che non esistono e imprese che cercano lavoratori che non esistono. È un fenomeno a cui dobbiamo mettere mano - ammette - . La nicchia di assistenzialismo, poi, è ancora presente: ci sono gli ammortizzatori legati alla tenuta sociale e occupazionale che impattano, in parte negativamente, nella ricerca di manodopera. A questo si aggiungono il lavoro nero e una grande difficoltà nel reperire figure specializzate».
Il cambiamento, secondo Menichelli, «deve venire da tre istituzioni fondamentali: la scuola, la famiglia e l’impresa. La formazione deve essere più vicina alle esigenze delle imprese; capita poi che l’orientamento dei propri figli in famiglia sia al di sopra delle aspettative ed infine l’impresa deve creare un contesto più stimolante. La prossima programmazione europea 2021-2027 - conclude - avrà una dote finanziaria per le Marche di oltre un miliardo e cento milioni, di cui una parte legata alla formazione professionale: la Regione ha la sfida di programmare attività formative vicine alle necessità imprenditoriali».
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