Macerata, maxi inchiesta sull'immigrazione clandestina: scena muta del tunisino

Macerata, maxi inchiesta sull'immigrazione clandestina: scena muta del tunisino
Macerata, maxi inchiesta sull'immigrazione clandestina: scena muta del tunisino
di Benedetta Lombo
3 Minuti di Lettura
Sabato 4 Febbraio 2023, 08:40

MACERATA - Inchiesta “Wet Shoes” sull’immigrazione illegale, il tunisino che per la Dda sarebbe a capo dell’associazione criminale si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ieri mattina dal carcere di Montacuto, assistito dal suo legale, l’avvocato Gianluca Gattari, Nabil Gharsellaoui, l’extracomunitario 50enne che da anni vive a Macerata e che da martedì scorso si trova recluso ad Ancona, ha scelto di non rispondere alle domande del Gip Carlo Masini. 
 

Video

Gli accertamenti 

Nel frattempo proseguono da un lato gli accertamenti degli inquirenti (l’indagine è condotta dai poliziotti delle Digos di Roma e Macerata con il coordinamento della Dda di Ancona e della Procura di Macerata) sui cellulari e i documenti sequestrati nel corso delle perquisizioni eseguite martedì scorso nei confronti di 44 persone, 18 delle quali indagate per vari reati, e dall’altro lo spoglio degli atti da parte degli avvocati che difendono le persone coinvolte nell’inchiesta. In merito alla posizione del dipendente del Caf accusato di far parte dell’associazione e di essere stato punto di riferimento dell’associazione, i difensori Paolo Carnevali e Silvia Mengarelli hanno voluto precisare alcuni aspetti: «Il nostro assistito è completamente estraneo ai fatti perché ha fatto tre pratiche relative all’attività del suo patronato, non aveva contatti con i co-indagati. Il tunisino ritenuto essere il capo dell’associazione lo conosceva limitatamente alle pratiche che ha svolto e che sono in numero limitatissimo, erano tre pratiche di cui una sola di emersione, non era il patronato di riferimento, non era un sodale, non ci andava a pranzo e a cena, né ci organizzava incontri. Nabil era andato nel suo patronato per svolgere delle pratiche, c’è andato due o tre volte per lui e per i suoi familiari, non ci andava per altri. Il mio assistito è completamente estraneo ai fatti – ribadiscono i legali –. Non era il punto di riferimento di nessuno, tra l’altro nel periodo in esame, il 2020, c’era il Covid e le pratiche venivano gestite telefonicamente o per mail».
Respingono gli addebiti anche le avvocatesse Lucia Testarmata e Merys Teodori che tutelano l’ex agente di polizia municipale, all’epoca in servizio, accusato insieme a un collega di corruzione e di appartenere all’associazione: in un paio di occasioni, secondo l’accusa, in cambio di cassette di pesce e altre regalie i due agenti avrebbero concordato il giorno e l’ora in cui andare nelle abitazioni indicate nella dichiarazione anagrafica per attestare falsamente la presenza degli stranieri. «Non c’è nessuna corruzione né associazione di delinquere – puntualizzano le avvocatesse -. Si erano conosciuti in parrocchia. La cassetta di pesce l’hanno portata neanche a lui ma alla sua famiglia che in passato gli aveva regalato dei vestiti per i figli, in più la cassetta di pesce l’aveva anche pagata, gli aveva dato 20 euro e quattro bottiglie di vino. Le altre regalie non si capisce quali siano».

© RIPRODUZIONE RISERVATA