Operazione Wet Shoes, dall’attentato a Berlino scoperta nelle Marche una rete per l’immigrazione fuorilegge

Operazione Wet Shoes, dall’attentato a Berlino scoperta nelle Marche una rete per l’immigrazione fuorilegge
Operazione Wet Shoes, dall’attentato a Berlino scoperta nelle Marche una rete per l’immigrazione fuorilegge
di Benedetta Lombo e Federica Serfilippi
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Mercoledì 1 Febbraio 2023, 03:35

ANCONA - Un fil rouge lega l’attentato di sei anni fa ai mercatini natalizi di Berlin​o ai trafficanti di esseri umani che ancora oggi lucrano sulla tratta dei clandestini. Un gomitolo srotolato dalla Digos di Macerata e dalla Procura distrettuale antimafia di Ancona, che hanno svelato una rete di scafisti e complici, compresi alcuni colletti bianchi, capaci di far arrivare fino alle Marche clandestini desiderosi di lasciare l’Africa.

Avrebbero offerto ai migranti irregolari supporto logistico e le coperture giuste, compresa qualche carta falsa per ottenere i documenti necessari e potersi poi muovere in area Schengen, praticamente in mezza Europa. Ma le mosse di mercanti di esseri umani erano spiate dai detective della polizia di Stato e ieri all’alba, incastrati da intercettazioni telefoniche e ambientali, per tre tunisini sono stati eseguite ordinanze di arresto, due in carcere e uno ai domiciliari. Quarantaquattro sono state le perquisizioni eseguite in simultanea in otto regioni italiane nei confronti di 18 indagati per vari reati e di altre altre 26 persone, risultate contigue a vario titolo all’organizzazione criminale.


L’indagine


L’indagine denominata Wet shoes, (da una frase intercettata in cui uno dei trafficanti temeva di essere scoperto perché trasportava clandestini con le scarpe bagnate dopo lo sbarco in Sicilia) è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Ancona in collaborazione con la Procura di Macerata. Gli investigatori della Digos di Roma e Macerata e dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione ieri hanno eseguito l’ordinanza emessa dal gip del tribunale dorico, su richiesta del pm Daniele Paci, nei confronti dei tre tunisini, uno dei quali è stato raggiunto a Ferrara. Ai tre arrestati viene contestato il reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con l’aggravante della transnazionalità.

A loro gli investigatori sono arrivati sviluppando le indagini connesse all’attentato terroristico compiuto ai mercatini di Natale di Berlino il 19 dicembre del 2016 dal tunisino Anis Amri che si lanciò con un camion contro la folla uccidendo 12 persone e ferendone 56. Amri compì la strage lanciandosi sulla folla che aveva raggiunto i mercatini a bordo di un camion con targa polacca rubato in Piemonte. Dopo l’attentato riuscì a fuggire ma fu ucciso quattro giorni dopo in Italia all’esterno della stazione ferroviaria di Sesto San Giovanni durante un controllo di polizia. 


La ricostruzione


Secondo quanto ricostruito dalla Dda di Ancona l’organizzazione, grazie a una fitta rete di complicità intessuta sul territorio maceratese (in cui figurano titolari di aziende e pubblici ufficiali, con estensioni in diverse zone del territorio nazionale ed estero), avrebbe gestito l’approdo clandestino sulle coste siciliane di stranieri, in prevalenza nordafricani, il supporto logistico e le coperture occorrenti per ottenere la documentazione necessaria a favorire il loro trasferimento su tutta l’area Schengen. Attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali e servizi sul territorio, è stato riscontrato come tra gli stranieri intenzionati a raggiungere lo spazio europeo, attraverso i canali messi a disposizione dalla rete criminale, vi fossero anche persone contigue a circuiti di combattenti impegnati in teatri di jihad, la “guerra santa” contro gli infedeli. E anche se ai tre arrestati non vengono contestati nell’ordinanza reati di terrorismo, sono in corso doverosi accertamenti patrimoniali su eventuali movimentazioni finanziarie sospette dei tre tunisini, che potrebbero essere connesse a fenomeni terroristici. 


Ieri sono state eseguite 44 perquisizioni nelle province di Ancona, Fermo, Ferrara, Catanzaro, Modena, Macerata, Siracusa e Verona. Nel corso delle perquisizioni a due dei tre arrestati sarebbero stati trovati complessivamente 12.000 euro in contanti. Tra i siti attenzionati dalla Dda di Ancona c’è anche un Centro di assistenza fiscale (Caf) maceratese, che avrebbe fatto da intermediario - secondo ipotesi di accusa ancora da dimostrare - tra migranti e trafficanti per facilitare le richieste di permesso di soggiorno, anche con false attestazioni. Perquisito anche un casolare nelle campagne della provincia di Macerata, meta abituale di stranieri giunti in Italia clandestinamente. 

L’indagine rappresenta uno sviluppo investigativo dell’attività condotta dalla Digos di Roma e coordinata dalla Procura capitolina all’indomani del tragico attentato terroristico ai mercatini di Natale di Berlino da cui emerse che Amri aveva precedentemente soggiornato in Italia: dopo essere arrivato clandestinamente via mare dalla Tunisia aveva raggiunto la Germania con falsi documenti di identità italiani. 


Le investigazioni


Le investigazioni consentirono all’epoca di ricostruire la rete relazionale italiana dell’attentatore, con particolare riguardo al periodo di soggiorno tra la Capitale e Latina, risalente alle fasi immediatamente precedenti il suo trasferimento in Germania, tali da attestare profili di contiguità con l’organizzazione terroristica Isis. L’attività di indagine si concluse con l’operazione di polizia giudiziaria denominata “Mosaico” del 29 marzo del 2018, sfociata nell’esecuzione di cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti cittadini di nazionalità tunisina, uno dei quali trovato a Roma, tratto in arresto e condannato in via definitiva per il reato di auto-addestramento con finalità di terrorismo, nonché a carico di un contesto associativo dedito alla falsificazione documentale nelle città di Napoli e Caserta. Le ricadute investigative scaturite dai sequestri eseguiti nell’ambito dell’operazione “Mosaico” hanno messo in luce il pieno coinvolgimento di ulteriori persone, da cui l’indagine denominata “Mosaico II”, condotta dalla Digos di Roma e coordinata dalla Procura di Napoli, culminata il 15 maggio del 2020 nell’esecuzione di 10 misure cautelari nei confronti di italiani e stranieri domiciliati sulla dorsale campana, e la successiva operazione “Mosaico III”, del 23 giugno dello scorso anno, conclusasi con l’esecuzione di ulteriori tre misure cautelari e un mandato d’arresto europeo nei confronti di uno straniero rifugiatosi in Olanda. 


Gli interrogatori


A breve dovranno essere fissati gli interrogatori di garanzia nei confronti dei tre tunisini raggiunti dall’ordinanza. I tre dovranno presentarsi dinanzi al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Ancona e potranno decidere in quell’occasione se rispondere alle domande del gip oppure avvalersi della facoltà di non rispondere. Uno degli arrestati è difeso dall’avvocato Marco Proietti Mosca del foro di Ancona. L’operazione Wet Shoes, secondo il ministero dell’Interno Matteo Piantedosi, «conferma come da una immigrazione incontrollata possano derivare anche gravi rischi legati a minacce terroristiche internazionali, e rafforza l’urgenza di agire per governare e regolamentare i flussi migratori, proseguendo in una strategia di azione che questo Governo ha intrapreso con determinazione fin dal suo insediamento». 
 

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