Conoscenza e inclusione per costruire il futuro

Conoscenza e inclusione per costruire il futuro

di Sauro Longhi
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Lunedì 25 Marzo 2024, 02:00

Immaginare il futuro non è semplice, ma chi assume responsabilità politiche e amministrative questo dovrebbe fare, invece di perdersi in inutili soluzioni per mantenere o accrescere il consenso. L’interesse sul presente, che spesso devasta il futuro, facilita il mantenimento nel consenso ma ci lascia un futuro alquanto incerto dove le disuguaglianze economiche e sociali aumenteranno e l’equilibrio ambientale peggiorerà. Per immaginare il nostro futuro basta entrare in un ospedale pediatrico, andate al Salesi di Ancona, e vedrete come sarà la nostra società nel futuro. Incontrerete tanti bambini i cui genitori vengono da culture, storie e paesi molto diversi dal nostro, bambini che parlano bene l’italiano, molto meglio dei loro genitori, e che porteranno impronte e culture diverse nella nostra società e accoglieranno le storie e le culture della nostra società solo se l’inclusione prevarrà sulla discriminazione.

La scuola è il luogo dove il dialogo è l’inclusione trovano spazio e valore, come nella proposta dell’istituto comprensivo “Iqbal Masih” di Pioltello di chiudere la scuola in occasione della fine del Ramadan. Un gesto di attenzione, di dialogo e di buon senso di una scuola inserita in una comunità multietnica, utile a comprendere e condividere culture diverse. Non è l’inserimento di una nuova festa religiosa ma una scelta per lasciare liberi gran parte degli studenti di festeggiare con le proprie famiglie la giornata del 10 aprile che segna la fine del Ramadan. Ieri Domenica delle Palme e della pace, i parroci di quel Comune hanno letto al termine delle messe una lettera di solidarietà al Consiglio di istituto della scuola per la decisione «nata da una seria e attenta capacità di leggere il tessuto sociale della nostra città …». Invece che pensare al futuro di questi studenti che saranno cittadini italiani, si cerca la strumentalizzazione politica per un facile consenso senza pensare a serie scelte di inclusione e attenzione che quella scuola vuole sperimentare con oltre il 40% di studenti di religione musulmana. Oggi il Consiglio d’istituto è stato convocato in seduta straordinaria, per decidere se confermare la sospensione delle lezioni per il 10 aprile votata all’unanimità quasi un anno fa.

Speriamo lo facciano, per la costante capacità che gli Insegnanti hanno di immaginare il futuro per i propri studenti e che concretizzano educandoli al confronto, al rispetto, alla conoscenza, alla pace.

La nostra generazione è forse la prima cresciuta senza attraversare e vivere una guerra, non è stato così per i nostri genitori e nonni chiamati a combattere in due guerre mondiali nello scorso secolo, e così per tutte le generazioni precedenti. Siamo sicuri di poter garantire alle nostre figlie e ai nostri figli, alle nostre nipoti e ai nostri nipoti la stessa opportunità? Vivere in pace senza andare a combattere una guerra? Stiamo vivendo tempi strani, dove per costruire la pace si intensificano le spese per gli armamenti, giustificandoli come deterrenti, forse è così, ma poi nessuno più rilegge e riflette sul contenuto dell’art. 11 della Costituzione, scritto da chi la guerra l’aveva attraversata per aiutarci a non commettere lo stesso errore. Tempi in cui il valore della pace viene spesso trascurato o cancellato.

Con perseveranza andrebbero cercate sempre soluzioni di pace in Ucraina, in Palestina e nei tanti altri Paesi di cui non sentiamo gli echi di guerra solo perché più lontani. Soluzioni, come nei decenni passati, costruite con il dialogo ed una forte presa di posizione e di impegno della pubblica opinione. Ora come allora, per salvarsi dalla guerra molte persone fuggono, cercano di migrare in paesi dove far cresce i propri figli in pace. La maggior parte degli oltre trecento naufraghi sbarcati ad Ancona la scorsa settimana, sono scappati dalla Siria, un Paese attraversato da una guerra civile dimenticata. Oltre trenta erano le donne, tra cui due incinta, e oltre cinquanta erano bambini. Sono certo che quei bambini non dimenticheranno mai la vista dal mare con cui la Città li ha accolti dopo un lungo peregrinare dal luogo del naufragio. Ricorderanno Ancona, un porto, una porta aperta che li ha accolti dando loro una speranza di pace. 


*Dipartimento di Ingegneria
dell’informazione
Facoltà di Ingegneria
Università Politecnica
delle Marche

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