Il porto di Ancona in una foto di archivio

L’asticella dei porti green e la vera meta da puntare

di Roberto Danovaro
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Giovedì 21 Novembre 2019, 10:30
È motivo di soddisfazione la variazione della norma dell’autorità europea competente sull’abbassamento delle soglie di emissioni di traghetti e portacontainer che stazionano nei porti europei a partire dal primo gennaio. Un passo fondamentale che inizia a spostare l’asticella della sostenibilità nei comparti portuali un po’ più in alto. E li ha resi, se possibile, più fruibili o comunque accettabili dagli insediamenti cittadini di riferimento. Storicamente i porti sono stati recintati e quasi completamente chiusi alla loro città. Genova, uno dei più importanti porti in Europa, ha svoltato nel 1992 durante il cinquecentenario della scoperta dell’America. Da allora, il porto è diventato una sorta di spazio comune accessibile con piste per biciclette, spazio per giochi dei bambini, un grande acquario, librerie, ristoranti e centri commerciali per i turisti e i passeggeri dei traghetti. Il problema è che per mantenere in funzione luci, frigoriferi e riscaldamento (o raffrescamento in estate), le grandi navi devono infatti tenere accesi i motori, liberando una enorme quantità di fumi contenenti biossido di azoto, zolfo e altri composti e polveri potenzialmente dannose. Bene quindi che i requisiti di sostenibilità delle grandi navi, soprattutto grazie agli scrubber, i filtri di ultima generazione che riescono a trattenere una parte più consistente delle sostanze dannose, si stiano spostando verso un orizzonte green. Lo dico alla luce dei risultati di uno studio effettuato nel 2017 che evidenziano come il fenomeno sia realmente preoccupante, perché 203 navi da crociera presenti in Europa emettono quantità di ossidi di zolfo circa 10 volte superiori a 260 milioni di autovetture circolanti in tutto il continente. I porti del Mediterraneo che sono le principali mete turistiche subiscono i maggiori impatti. Ancona, per ovvie ragioni, non è nella parte alta di questa classifica, ma la sua collocazione nelle strette vicinanze del centro storico, con una banchina a 50 metri di distanza dal Teatro delle Muse e dall’area pedonale di Via Garibaldi, pongono questo aspetto di interesse cruciale. Un punto a cui tendere, dopo gli scrubber, ovviamente esiste e si chiama “cold ironing” ovvero elettrificazione delle banchine. Grazie alle banchine elettrificate, le navi, una volta in porto, possono spegnere i motori senza danneggiare l’equilibrio ambientale dell’area e la salute di chi vive in prossimità dell’area portuale. Il primo porto a sfruttare l’elettrificazione delle banchine per alimentare le navi in sosta è stato quello di Goteborg, in Svezia, nel 1999. Nello scalo svedese sono infatti presenti diverse banchine elettrificate che forniscono supporto ai traghetti in sosta e alle navi-container. Anche le banchine del porto di Lubecca, in Germania, sono state elettrificate a partire dal 2008, seguite da quelle di Oulu, Kemi e Kotka in Finlandia e di quello di Zeebrugge, in Belgio. In Nord America il porto di Juneau, in Alaska, si è dotato di una banchina elettrificata per le navi da crociera dal 2001. Sulla costa Ovest, invece, si sono attrezzate Los Angeles (dal 2004), Seattle (dal 2005) e nel 2009 anche Vancouver. L’Autorità Portuale di Ancona è molto sensibile alle tematiche della sostenibilità ambientale e promuove iniziative per la crescita blu. Ma servono più risorse e programmazione. Credo che questo sia il momento giusto per prendere decisioni in questa direzione e dare un ulteriore impulso allo sviluppo di un nuovo sistema portuale di importanza strategica per la macro-regione Adriatico-Ionica. Il Governo attuale spinge fortemente in questa direzione, come mai avvenuto nel passato. Il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa sta promuovendo misure importanti per contrastare cambiamenti climatici e inquinamento del mare. Ogni realtà regionale deve fare la sua parte, spingere nella direzione di uno sviluppo sostenibile. Ovviamente elettrificare le banchine significa identificare percorsi con gli armatori e fare investimenti, ma è l’unica strada percorribile, l’unico modo per poter puntare su una crescita sostenibile del sistema portuale, che non crei conflitti con il territorio tutelando la salute dei cittadini e che renda l’area portuale nuovamente fruibile da tutti i cittadini.

* Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine
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