Istruzione e ricerca, così vola il Pil pro-capite sudcoreano

Istruzione e ricerca, così vola il Pil pro-capite sudcoreano

di Donato Iacobucci
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 8 Marzo 2023, 12:32 - Ultimo aggiornamento: 12:34

L’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, rende disponibile una serie storica molto interessante del PIL pro-capite per paese a prezzi costanti (2015) e corretta per tener conto del potere di acquisto. Si tratta quindi di valori che consentono di comparare in modo affidabile il reddito pro-capite fra i diversi paesi. Si può discutere della capacità di questo indicatore di fornire una misura adeguata dei livelli di benessere, ma è comunque una buona approssimazione in questo senso. Dall’esame di questa serie storica si scopre che nel 1970 il PIL pro-capite della Corea del Sud era di 2.600 dollari, il 13% di quello dell’Italia, pari a 19.200 dollari. All’epoca il PIL pro-capite italiano era simile a quello della Francia (19.500 dollari) e di poco inferiore a quello della Germania (20.850 dollari). Al giro di boa del millennio, nel 2000, il Pil pro-capite dell’Italia era salito a 39.420 dollari, esattamente il doppio di quello di trent’anni prima.

Un incremento notevole, che ci aveva consentito di superare la Francia e allinearci al Pil pro-capite tedesco. Nulla a che vedere, però, con la performance della Corea del Sud che in trent’anni aveva moltiplicato il reddito pro-capite per 8 passando a 22.416 dollari; un livello che rimaneva comunque a poco più della metà di quello italiano. E’ ovvio che chi parte da livelli molto bassi può crescere più rapidamente. L’Italia la crescita rapida l’aveva sperimentata nel ventennio post-bellico e la Corea del Sud aveva seguito l’esempio italiano con qualche decennio di ritardo. L’analogia, però, finisce qui poiché nei decenni successivi le strade dei due paesi si sono notevolmente divaricate. Nei primi dieci anni di questo millennio il Pil pro-capite italiano è cresciuto di poco fino alla crisi del 2009 ed è andato poi lentamente declinando fino al valore di 38.426 nel 2021, il 3% in meno di quello di inizio millennio. Nessun altro paese industrializzato ha avuto una performance peggiore.

E’ come se il motore italiano si fosse del tutto imballato, malgrado continuassimo a premere il piede sull’acceleratore (la spesa pubblica); in effetti, l’unica grandezza che è continuamente aumentata negli ultimi decenni è il debito pubblico.

Nel frattempo, il Pil pro-capite della Corea del Sud ha continuato a crescere in modo consistente e a fine 2021 segnava un valore di 43.177, il 12% in più di quello italiano. Le spiegazioni del declino del nostro paese sono complesse e rinuncio anche semplicemente ad elencarle. Quelle della spettacolare performance economica della Corea del Sud sono più chiare e ruotano intorno a due parole chiave: istruzione e ricerca. A partire dagli anni ‘70 del secolo scorso la Corea del Sud ha investito con sistematicità nel sistema dell’istruzione, dalle scuole elementari fino all’università, diventano un punto di riferimento fra i paesi avanzati per l’efficacia dell’investimento nell’istruzione dei propri cittadini.

Per avere un’idea della differenza con il nostro paese, nel 2021 la percentuale di popolazione adulta con un livello di istruzione terziaria (laurea e oltre) era il 20% in Italia e il 51,7% in Corea del Sud. Questo senza tenere conto delle differenze nella qualità dell’istruzione che, statistiche alla mano, vede il nostro paese decisamente penalizzato rispetto alla Corea del Sud. Una quota così alta di popolazione con elevati livelli di istruzione ha consentito alla Corea del Sud di diventare uno dei paesi con la più alta percentuale di spesa in ricerca e sviluppo sul Pil: il 4,8% nel 2021, più di tre volte il livello italiano, che è da decenni fermo intorno all’1,5%. Non stupisce che dalla Corea del Sud arrivano ogni anno oltre 9.000 domande di brevetto all’EPO (European Patent Office) mentre quelle provenienti dal nostro paese sono inferiori a 5.000. Il sistema di istruzione della Corea del Sud non è esente da critiche e non si sta proponendo di imitarlo. Il caso della Corea del Sud ci ricorda, però, che nell’economia della conoscenza, l’istruzione e la ricerca sono il principale motore della crescita economica, oltre che del progresso civile: purtroppo questa consapevolezza non è ancora sufficientemente diffusa nel nostro paese.

*Docente di Economia
alla Politecnica delle Marche
e coordinatore
Fondazione Merloni

© RIPRODUZIONE RISERVATA