Servono azioni coraggiose per salvare le città costiere

Servono azioni coraggiose per salvare le città costiere

di Sauro Longhi
3 Minuti di Lettura
Lunedì 14 Novembre 2022, 02:05 - Ultimo aggiornamento: 15:00

Siccità ed alluvioni sono sotto gli occhi di tutti. I boschi in montagna soffrono la siccità, a rischio la loro sopravvivenza, e come inizia a piovere si rischia una alluvione. Ormai gli effetti dei cambiamenti climatici sono evidenti. L’attenzione alla salvaguardia ambientale è aumentata in gran parte dell’opinione pubblica. Purtroppo, la politica non ci crede, o meglio dovendo o volendo sempre cercare il consenso elettorale, concentra le proprie azioni su obiettivi che non vanno oltre l’orizzonte di un mandato, mentre le politiche ambientali richiedono azioni molto coraggiose i cui risultati si potranno raccogliere su decenni.

Ad esempio, la transizione energetica verso le rinnovabili richiede un nuovo modello organizzativo e produttivo, lo sviluppo di nuove tecnologie, un nuovo sistema distributivo, ma anche tempo, e così si preferisce continuare a trivellare piuttosto che installare campi eolici in mare. La crisi energetica in Europa indotta dalla guerra ma anche e dalle speculazioni in atto, ci sta ancora di più allontanando dagli obiettivi di una piena sostenibilità ambientale, tanto da prevedere la riapertura delle centrali a carbone, le più inquinanti, oppure paventare possibili alternative di centrali nucleari, “cose” del secolo passato. L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi dell’accordo di Parigi sembra molto lontano, gli stessi paesi che lo hanno firmato non stanno riducendo a sufficienza le loro emissioni per raggiungere la neutralità climatica. Le emissioni globali sono ancora in crescita e il pianeta è già più caldo di circa 1,2 gradi di quanto non lo fosse in epoca preindustriale.

In 150 anni, dall’inizio dell’industrializzazione, si sono migliorate le condizioni di vita di gran parte della popolazione mondiale, o almeno si spera, consumando però molta energia, bruciando carbone e petrolio e “sparando” sull’atmosfera una quantità inverosimile di anidride carbonica, la principale causa dei cambiamenti climatici in atto. In Egitto si sta svolgendo la COP 27, la conferenza mondiale sul clima organizzata dalle Nazioni Unite, ma con molto meno entusiasmo e speranze e soprattutto con meno partecipazione e condivisione della politica, l’unica che può introdurre azioni concrete.

Abbiamo visto passare molti capi di stato che hanno posto speranze per scelte condivise a livello globale, ma nulla di più, addirittura Cina ed India, paesi molto esposti ai cambiamenti ambientali, hanno scelto di non partecipare.

Due sono le posizioni di politica economica che si confrontano. Da un lato i Paesi in via di sviluppo che non possono permettersi investimenti per cambiare i propri modelli di crescita, molto simili ai nostri del secolo passato e che mal si adattano alla riduzione delle emissioni. Questi chiedono aiuti concreti ai paesi che hanno maggiormente contributo nei decenni passati al disastro ambientale presente. Dall’altro i Paesi più sviluppati, compresa l’Europa, disposti a concedere assicurazioni, aiuti per compensare i danni ambientali qualora si verificassero in questi paesi. Quando c’è una alluvione che distrugge case, scuole, strade e sistemi produttivi, si inviano aiuti per la ricostruzione. In caso di forte siccità che azzera le produzioni agricole, si è pronti a fornire aiuti alimentari per le popolazioni colpite.

Ma così facendo si incentivano i flussi migratori, tante più persone cercheranno di scappare da queste condizioni per dare alla propria famiglia condizioni di vita migliori, ma su questo ritornerò la prossima settimana. Aspettiamo la chiusura della COP27 per continuare a sperare, tanti sono gli argomenti in discussione e tanti sono i ricercatori e gli scienziati che si stanno confrontando, anche provenienti dalla nostra Università. Ma la speranza non basta occorrono scelte coraggiose, altrimenti l’innalzamento delle temperature porterà allo scioglimento dei ghiacciai e al conseguente innalzamento dei mari, le Isole Marshall nel Pacifico scompariranno e con loro tutte le nostre città costiere da Gabicce a Porto d’Ascoli. Certi di volerlo? 

© RIPRODUZIONE RISERVATA