Quell’economia non osservata che vale 100 miliardi di euro

Quell’economia non osservata che vale 100 miliardi di euro

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 4 Ottobre 2023, 05:55

Il dibattito di politica economica di questi giorni è dominato dalla discussione della legge di bilancio per il 2024, detta anche comunemente manovra finanziaria. La legge di bilancio è l’atto nel quale sono indicate le entrate e le uscite dello stato. Per la gran parte si tratta di un trascinamento di spese e entrate già definite e per le quali le possibilità di ‘manovra’ da parte del Governo sono limitate. Gli obiettivi che un Governo vuole raggiungere sono affidati a rimodulazioni delle entrate e delle uscite, che nel corso del tempo sono diventate sempre più problematiche da attuare. Per poter destinare risorse a specifici obiettivi vi sono tre possibilità: spostare la spesa da un capitolo ad un altro a parità di entrate; aumentare le entrate per coprire le nuove spese; spendere in deficit (cioè aumentare il debito).

La prima possibilità è affidata a quella che viene detta spending review. La review dovrebbe consentire di individuare le spese inutili o poco produttive per dirottarle verso impieghi maggiormente utili. Sulla carta sembra essere l’opzione migliore visto che di spese poco produttive se ne sono cristallizzate tante nel bilancio pubblico italiano; ma proprio perché cristallizzate sono dure da rimuovere. L’ultimo commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, nominato nel 2013 dal governo Letta, ha prodotto diversi rapporti e un interessante libro pubblicato nel 2015 (“La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare”): tutti rimasti, appunto, sulla carta. La seconda opzione, l’aumento delle entrate, comporterebbe un incremento della pressione fiscale, già percepita come elevata e politicamente poco sostenibile.

Da qui la ricerca di fonti di entrata alternative come condoni o dismissioni di beni pubblici, che hanno però lo svantaggio di essere una-tantum e di non facile previsione nel loro ammontare. La terza opzione è la spesa in deficit, che per il nostro Paese è diventata sempre più difficile, non tanto per i vincoli imposti dall’Ue quanto per l’enorme debito pubblico accumulato negli ultimi decenni. Al momento il rapporto debito/Pil si attesta intorno al 140%. Detto così non sembra fare troppa impressione ma l’effetto cambia se si considerano le cifre assolute: a luglio di quest’anno il debito pubblico italiano aveva superato i 2.800 miliardi di euro.

Con un debito di questa entità ogni punto percentuale di aumento dei tassi di interesse implicherebbe una spesa aggiuntiva di 28 miliardi; l’importo di un’intera manovra.

Per fortuna parte del debito è stato emesso quando i tassi di interesse erano più bassi, ma il rialzo dei tassi degli ultimi anni ha comportato un considerevole aumento dei costi per interessi e una conseguente riduzione dei margini di manovra per la spesa. Per il triennio 2024-2026 la spesa per interessi sul debito sarà sempre superiore al 4% del Pil; è un ammontare pari all’incirca all’intera spesa per l’istruzione, dalla scuola dell’infanzia all’università. Oltre che comprimere le possibilità di spesa, l’elevato ammontare del debito ci espone al rischio di crisi finanziarie se dovesse venire meno la fiducia da parte degli investitori.

La riduzione del debito dovrebbe, quindi, essere un obiettivo prioritario per i governi e andrebbe affrontato con provvedimenti strutturali e di lungo periodo. Magari rimettendo mano alla spending review. Questo obiettivo sembra al momento improponibile in un Paese nel quale la rigidità della spesa pubblica ha finora resistito a tutti gli stravolgimenti del quadro politico. Ci sarebbe un’ulteriore soluzione evidenziata dalla relazione del Governo sull’economia non osservata (che una volta chiamavamo economia sommersa).

L’evasione fiscale e contributiva si attesta in Italia intorno ai 100 miliardi di euro all’anno. Un piano di recupero anche parziale dell’evasione potrebbe consentire di ridurre il debito e aumentare le possibilità di manovra sul bilancio. Finora i tentativi di contrasto all’evasione sono risultati anche più difficili della spending review. Anche la manovra per il 2024 sarà quindi basata in gran parte sul deficit mentre la struttura della spesa e delle entrate continuerà a rimanere sostanzialmente invariata.

* Docente di Economia all’Università Politecnica  delle Marche  e coordinatore  della Fondazione Merloni

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