Soldati Usa uccisi, quale sarà la vendetta di Biden? L'allarme escalation e il timore di uno scontro diretto con l'Iran: ecco gli scenari

L'allarme escalation e il rischio di un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nella guerra in Medio Oriente contro l'Asse della Resistenza, guidato da Teheran

Soldati Usa uccisi, quale sarà la vendetta di Biden? L'allarme escalation e il timore di uno scontro diretto con Iran: ecco gli scenari
Soldati Usa uccisi, quale sarà la vendetta di Biden? L'allarme escalation e il timore di uno scontro diretto con Iran: ecco gli scenari
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Lunedì 29 Gennaio 2024, 16:26

In principio sono stati gli Houthi che, istigati da Teheran nel Mar Rosso, hanno costretto gli Usa a un maggior coinvolgimento nella guerra esplosa in Medio Oriente. Dopo mesi trascorsi a cercare di limitare la reazione israeliana su Gaza, per evitare l'escalation sul fronte libanese, l'America e il suo presidente democratico si sono ritrovati dentro il conflitto medio orientale. La seconda fase della strategia del regime, che oggi punta a far ritirare le truppe di Washington dallo scacchiere siro-iracheno, è scattata ieri: l'attacco con i droni di domenica 28 gennaio ha distrutto l'avamposto militare segreto americano in Giordania, uccidendo tre soldati, ed ha cancellato ogni dubbio lasciando il posto alla paura fondata di un'escalation con il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nella guerra.

Biden incolpa l'Iran: «Risponderemo»

Gli Stati Uniti hanno già annunciato che risponderanno al raid contro i soldati, prime vittime americane dall'inizio della guerra a Gaza. Si tratta anche del primo attacco, da quando è iniziato il conflitto nella Striscia, alle truppe Usa in Giordania, un Paese alleato chiave in Medio Oriente (con un ruolo cruciale anche a Gerusalemme per la sua supervisione dei luoghi santi), dove stazionano circa 3000 militari americani. La manovra strategica della Repubblica Islamica è stata sofisticata: la potenza americana, chiamata a garantire le rotte commerciali e i traffici marittimi, non avrebbe mai potuto tirarsi indietro nel Mar Rosso. E una volta trascinata nel conflitto, Teheran non ne ha soltanto ridimensionato la capacità negoziale, ma è riuscita anche a spostarne la potenziale reazione armata dal Libano - dove operano gli alleati di Hezbollah - allo Yemen controllato dai ribelli Houthi. Il blitz in Giordania di ieri è stata un’operazione all'interno della campagna condotta dalle milizie alleate dell’Iran sulle installazioni americane in Medio Oriente. La Resistenza islamica ha preso di mira un piccolo complesso composto dalla base di Al Tanf in Siria e dalla sezione sul versante giordano conosciuta con il nome in codice “Tower 22”. Dunque Biden, come per la sfida degli Houthi, è costretto a reagire rischiando di aggravare la tensione in Medio Oriente proprio mentre, nelle stesse ore, a Parigi si tratta su un accordo per l'agognata tregua di due mesi a Gaza e il rilascio di tutti gli ostaggi rapiti il 7 ottobre da Hamas. 

L’attacco alla base Usa in Giordania

L'Iran ha smentito di essere coinvolto nell'attacco di droni in Giordania rivendicato dalla Resistenza Islamica in Iraq, il cartello che raccoglie formazioni sciite. «Queste accuse - ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Nasser Kanaani - sono mosse con un obiettivo politico volto a ribaltare la realtà della regione». I gruppi sostenuti dall’Iran cercano da tempo di cacciare le truppe americane dall’Iraq e dalla Siria ed ora sfruttano la guerra a Gaza per intensificare gli sforzi e ampliare il campo di battaglia. «Gli Stati Uniti - riporta il Guardian - affermano che i loro 900 soldati in Siria stanno lavorando a fianco delle forze democratiche siriane curde per sconfiggere lo Stato islamico, il gruppo estremista sunnita». «Se gli Stati Uniti continuano a sostenere Israele, ci saranno delle escalation», ha dichiarato la Resistenza Islamica dopo il raid. «Tutti gli interessi degli Stati Uniti nella regione sono obiettivi legittimi e non ci interessano le minacce americane di rispondere, sappiamo la direzione che stiamo prendendo e il martirio è il nostro premio».

A lanciare l'allarme è stato anche Charles Lister, membro senior del Middle East Institute ed esperto di Siria: «Si tratta di un’enorme escalation e di ciò di cui tutti si preoccupano», ha dichiarato. «Se non ci sarà una risposta veramente decisiva a questo il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica si sentirà completamente incoraggiato. Questo è il 180esimo attacco dal 18 ottobre: ​​occorre reagire in modo rivoluzionario». Da quando è iniziata la guerra civile in Siria nel 2011, Washington ha dato alla Giordania circa 1 miliardo di dollari per rafforzare la sicurezza delle frontiere e recentemente ha inviato ulteriori aiuti militari. Scrive il Guardian: «In un'intervista con Abc News andata in onda domenica mattina, il presidente dei capi di Stato maggiore congiunti, generale CQ Brown, ha affermato che parte del lavoro degli Stati Uniti è quello di assicurarsi che il conflitto non si allarghi». Intanto gli oppositori repubblicani di Biden hanno accusato il presidente denunciando come l'attacco al confine con la Siria sia la prova del fallimento della sua politica estera.

Il rischio escalation e la ricaduta sulle presidenziali

Il rischio di escalation del conflitto è chiaro quanto le potenziali ricadute sulla campagna elettorale americana, dove Donald Trump martella che l'avversario democratico «Biden ci sta trascinando in un'altra guerra». Ai ripetuti attacchi di milizie filo iraniane contro le truppe Usa in Iraq, Siria e Yemen, il Pentagono ha risposto colpo su colpo. In particolare nel Mar Rosso, dove continuano gli attacchi Houthi contro le navi commerciali, non solo americane. Ma il raid in Giordania mette in imbarazzo Biden proprio durante le negoziazioni con Doha per sbloccare i fondi iraniani (6 miliardi di dollari) in due banche del Qatar dopo la liberazione di alcuni ostaggi americani. E accresce le sue difficoltà elettorali sul fronte della guerra: oltre 1.000 pastori afroamericani, che rappresentano centinaia di migliaia di fedeli a livello nazionale, si sono mobilitati per chiedergli un cessate il fuoco a Gaza. Ammonendolo che altrimenti rischia di perdere quel cruciale voto afroamericano che sta cercando di riconquistare in questi giorni in South Carolina, prima tappa il 3 febbraio delle primarie dem.

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