Aied, calano gli aborti ad Ascoli. Sono per lo più donne mature e che lavorano

Tiziana Antonucci, Aied
Tiziana Antonucci, Aied
di Filippo Ferretti
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Sabato 30 Marzo 2024, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 18:37

Scende il numero delle interruzioni di gravidanza ad Ascoli, territorio che nell’ultimo anno è rimasto orfano della convenzione tra l’Aied e la struttura sanitaria locale. I numeri degli ultimi 12 mesi da una parte confermano la tendenza in atto da tempo ad Ascoli, con una curva discendente di richieste, la maggior parte delle quali di donne non residenti provenienti da forestiere, dall’altra evidenziano una realtà differente da quella nazionale. In Italia, il fenomeno coinvolge donne più giovani rispetto alla realtà ascolana.  Sulla diminuzione di aborti incide anche il calo demografico. I 120 casi registrati ad Ascoli nel 2023, rispetto ad una media che nel decennio scorso era passato dai 180 ai 160, ha visto coinvolgere per il 47% donne italiane e per il 53% straniere, di cui una vittima di violenza. Lo rivela la presidente dell’associazione, Tiziana Antonucci. «L’identikit parla di una donna tra i 36 e i 40 anni (il 27%), lavoratrice (58%), con una relazione stabile (69%) ma senza figli (31%)» spiega la Antonucci, aggiungendo che le richieste, oltre Ascoli, provengono anche dal Maceratese, seguite da Fermo e Ancona e con un rimanente 7,5% da fuori regione.

Un altro dato importante riguarda la tempestività con cui le donne si sono mosse.

I  numeri

«I numeri indicano che si sono rivolte per Igv molto precocemente: il 70% entro la settima settimana, di cui addirittura il 40% entro la quinta» aggiunge la Antonucci, sottolineando come tutto ciò dimostri che chi si è rivolto all’Aied era consapevole di non volere la gravidanza. «Sono donne mature che lavorano, con relazioni stabili motivate a tal punto da fare richiesta velocemente: è un dato allarmante che ci fa riflettere sul motivi che inducono le donne a non essere madri» continua la Antonucci, ipotizzando che la scelta avvenga probabilmente perché non si sentono sostenute in questo ruolo: né nel lavoro, né nella famiglia e neppure nella società. «Il lavoro femminile spesso è precario e sottopagato: la famiglia non sempre è d’aiuto e non c’è un welfare per l’infanzia» conclude la Antonucci.

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