Matilde Menicozzi (ex dirigente): «In cucina non ci vado, il primo atto da ribelle»

Matilde Menicozzi (ex dirigente): «In cucina non ci vado, il primo atto da ribelle»
Matilde Menicozzi (ex dirigente): «In cucina non ci vado, il primo atto da ribelle»
di Luigina Pezzoli
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Domenica 5 Novembre 2023, 05:15 - Ultimo aggiornamento: 12:55

«Erano gli anni Settanta quando partecipai al campeggio estivo a Foce di Montemonaco, organizzato da don Luciano della parrocchia di San Pio. Le ragazze in genere aiutavano la cuoca a sistemare la mensa e il dormitorio. Mi rifiutai e chiesi di fare l’assistente, come i ragazzi. Ebbene riuscii a convincere il parroco che mi affidò i più piccoli». Matilde Menicozzi, tra le fondatrici del Collettivo donne, prima figura femminile a Grottammare a ricoprire il ruolo di assessore comunale, fin da giovanissima ha dimostrato un carattere determinato nel portare avanti le idee in cui credeva.


Il ricovero


«Ho sempre avuto una sensibilità particolare che penso derivi da un lungo periodo trascorso in ospedale, per una malattia agli occhi - ricorda -. Avevo solo dieci anni e quella è stata una esperienza che mi ha fatto crescere. Tenevo un diario che ho letto durante l’esame di 5ª elementare e che ha fatto commuovere le maestre. Da allora non ho mai smesso di scriverlo. A 17 anni ho inviato una lettera a Famiglia Cristiana, in quel tempo un settimanale molto seguito, che è stata pubblicata in prima pagina con il titolo “Matilde ragazza felice”: da quel momento tutti hanno iniziato a scrivermi e a cercarmi. Per mesi ho risposto alle centinaia di lettere che mi arrivavano: è stato il mio ingresso nella vita pubblica».

Studentessa alla Ragioneria, nella sede a Porto d’Ascoli in via Mare, nell’ottobre del 1970 era tra i tanti giovani che si sono adoperati per spalare il fango dopo l’esondazione del torrente Albula. «Un’esperienza che mi ha fatto comprendere l’importanza della solidarietà. La mia insegnante di italiano, professoressa Angelici, mi incoraggiava a scrivere perché diceva che ero brava. Così aiutavo i miei compagni di classe durante il compito di italiano. Prima della maturità, quando la professoressa ci riportò l’ultimo tema, dietro ogni foglio c’era scritto “Vedi Menicozzi”: aveva capito da tempo che suggerivo.

L’unico rammarico è che durante gli esami mi sono beccata gli orecchioni ed ho dovuto sostenere la maturità da sola, senza l’aiuto e il supporto della mia classe».

Tra le passioni, in gioventù, dell’ex dirigente alla Provincia di Ascoli Piceno ci sono cinema e teatro «il mio spazio creativo era il “cinema Sibilla” di Grottammare: qui, negli anni 70 e 80, organizzavo con il gruppo parrocchiale il cineforum. Ci appassionavano film come “Arancia meccanica” di Stanley Kubrick, Hair di Milos Forman, “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola e “L’ Agnese va a morire” di Giuliano Montaldo, solo per citarne alcuni. Io introducevo e moderavo il dibattito, sempre molto acceso. 


I controlli


Il gestore del cinema controllava e se c’erano contenuti “spinti” ci faceva richiamare dal parroco, così mi sono dovuta documentare per non rischiare di proiettare pellicole sbagliate». Tra i punti di ritrovo per i giovani del tempo c’era piazza Fazzini. «Ogni domenica affiggevamo dei Tazebao, ovvero manifesti sui temi di politica locale e nazionale. Qui c’era il fulcro politico della città. La domenica le persone che andavano a messa si fermavano a leggere i manifesti preparati dai vari partiti, dalle associazioni oppure da noi del “Collettivo donne”. In quegli anni una delle battaglie più accese era quella sul divorzio: non era facile per noi ragazze di provincia organizzare le raccolte di firme o il volantinaggio. Non sempre venivamo apprezzate e ci apostrofavano con frasi tipo “Andate a cucinare!”. 


Le manifestazioni


Le manifestazioni più importanti si tenevano alla rotonda Giorgini a San Benedetto, e noi non mancavamo mai. La nostra vita era in “collettivo” perché i temi della politica ci univano. Si respirava ancora il vento del ‘68 e noi speravamo di cambiare le cose. L’amicizia era un valore fondante e assoluto. Volevamo dimostrare di essere diversi e cambiare il modo di fare politica. Credo che, in parte, ci siamo riusciti. Infatti, in quegli anni, in Italia furono fatte riforme importanti. Per me è stato naturale iscrivermi alla facoltà di Scienze Politiche di Camerino e anche lì ho finito per fare la rappresentante degli studenti».

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