L'avvocato Paolo Travaglini: «Vasco, il fantasy e il sogno di pilota»

L'avvocato Paolo Travaglini: «Vasco, il fantasy e il sogno di pilota»
L'avvocato Paolo Travaglini: «Vasco, il fantasy e il sogno di pilota»
di Francesca Gironelli
4 Minuti di Lettura
Domenica 17 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 08:36

Introverso ma caparbio, spirito tranquillo e rigoroso, senza forzature. Paolo Travaglini ha vissuto un’infanzia e un’adolescenza felici e serene, in una famiglia dove, anche nell’età dell'autonomia, tutto si faceva insieme con papà Luciano e mamma Barbara, perché c’era il piacere dello stare insieme. «Mio padre era una persona piena di interessi. Con lui si andava a funghi, a pescare o a caccia, a sciare. Sempre insieme, con i miei fratelli Marco e Valerio, con mia madre che si è dedicata a noi».

Oltre allo sci, il giovane Paolo ha praticato equitazione e tennis. Con gli amici si cimenta a calcetto, tenendo nel cuore e nelle chiacchiere fra i banchi l’Ascoli Calcio: «Venivo trascinato spesso a giocare, ma non ero un granché durante il liceo con la palla. Sono migliorato nel tempo, invecchiando - commenta con tono scherzoso Paolo - e quando sono tornato ad Ascoli, dopo l’università, ho cominciato a fare campionati di calcio a cinque, ho smesso nel 2019, addirittura! Ho fatto l'unico sport in cui sembrava non fossi assolutamente adatto. Le cose le prendo sempre di petto, sarà che di segno zodiacale sono un ariete: più una cosa non mi riesce, più mi incaponisco per cercare di ottenere un risultato».

Vasco Rossi

Con la musica dei Guns N' Roses, Jim Morrison e Vasco Rossi, le letture di fantasy, i momenti gloriosi delle vacanze estive rimangono alla storia: «Da giugno a settembre mezza Ascoli si trasferiva al mare - racconta Paolo - e avevo la mia comitiva con amici da tutta Italia. Un appuntamento fisso ogni anno che aspettavo e di cui ho nostalgia. Stavamo in spiaggia anche la sera a chiacchierare o a giocare a biliardino allo chalet, per poi andare a piedi all’unica discoteca disponibile, l’Atlantide». E la scuola? «Mi sono piaciute alcune fasi della scuola - specifica Paolo - perché il liceo classico è stato davvero faticoso. Invece l’università ha rappresentato un modo di affrancarsi da alcune dinamiche locali - spiega Paolo che ha frequentato i primi anni di università a Perugia e poi si è trasferito a Macerata - considerando che il vivere da soli insegna a gestirsi, a far fronte a cose che non incontreresti rimanendo in famiglia».

La matematica

Al liceo gli insegnanti erano molto esigenti, anche se lui non rinunciava alle vasche in piazza e a vedere gli amici: «Docenti molto bravi ma non si ammettevano errori!».

Paolo ha sempre avuto il pallino per la matematica e una particolare affinità per le materie scientifiche: «Ho sempre riscontrato maggiore facilità, una predisposizione. Mi ricordo - aggiunge Paolo, ripensando all’incontro con la sua professoressa di matematica in via Vellei, dopo il diploma - che ci rimase malissimo perché lei pensava che scegliessi ingegneria». E si spiega quello che può sembrare un paradosso: «Sono la quarta generazione di avvocati in famiglia e per me quello del liceo e di giurisprudenza era un percorso naturale, non perché qualcuno me l'ha imposto. Piuttosto - chiarisce Paolo - perché in famiglia si è sempre vissuta quest'aria, nel senso che si è sempre parlato di diritto, di cause, e io non me lo sono neanche posto il problema, francamente. Amo questa professione e credo che si debba scegliere un lavoro di cui si è innamorati, se no la vita diventa una pena!».

L’aeronautica

C’è un retroscena singolare: «Ho provato ad entrare all’accademia aeronautica come pilota, il sogno che ho avuto sin da bambino, e sono arrivato alla fine dei 3 giorni di test e di vita militare. All’ultimo esame, la sorpresa - rivela Paolo - quando mi misurano la vista: da un occhio manca un decimo. Niente da fare, non entro». Chissà che sarebbe stata una vita da pilota? «Sicuramente mi avrebbe portato lontano dall’Italia» commenta Paolo scherzando sulle situazioni alla “sliding doors” come nell’omonimo film. Senza rimpianti e con serenità, Paolo lascia un consiglio al ragazzo tranquillo, al limite della timidezza, che è stato ieri: «Meglio non farsi troppi problemi relazionandosi con le persone. La preoccupazione di stare attenti a cosa penserà l'altro soffoca la spontaneità, che invece vale la pena di coltivare, sempre».

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