Soldatessa accusa caporale
"Costretta a mimare atto sessuale"

Soldatessa accusa caporale "Costretta a mimare atto sessuale"
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Domenica 5 Gennaio 2014, 12:46 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 19:41
ASCOLI - Soldatesse vittima di prevaricazioni sessuali ad Ascoli, nella caserma di Salvatore Parolisi. Una militare accusa un caporal istruttore: "Mi ha buttata a terra, poi mi ha costretta a simulare un rapporto orale con un lupo di pelouche, mascotte del plotone, portandomelo con forza all'altezza della bocca". Questo si legge con cui la Procura di Ascoli ha chiesto il processo di G.M., campano, in forza alla Clementi nel 2010. Lo stesso caporale avrebbe urlato ad un'altra allieva, che si era ferita a una mano: "Infilatela in quel posto, vedrai che ti passa prima" afferrandole il polso e spingendoglielo verso le parti intime.



Forse erano proprio questi i segreti che Melania Rea minacciava di rivelare per vendicarsi di Salvatore Parolisi, marito-soldato, impenitente fedifrago, amante di una conducente di carri armati. Forse proprio per impedirle di parlare fu uccisa da Salvatore il 18 aprile 2011. Quel Salvatore, condannato a 30 anni in appello per il delitto, che ora rischia un nuovo processo con altri 12 caporali istruttori del 235° Rav Piceno per un'inchiesta parallela.



La Procura militare di Roma contesta a lui, come ai colleghi, la violata consegna per aver ricevuto le allieve dopo la mezzanotte, quando avrebbe dovuto controllare sulla sicurezza della caserma. Una caserma a luci rosse, se è vero quello che emerge dallo svelarsi delle carte delle varie Procure che indagano sul caso. Se i magistrati con le stellette della Capitale contestano, con avvisi di fine indagine, inviti dei superiori alle soldatesse a bere un bicchierino e fare qualcosa in più, occhiate lascive nella cerniera della tuta e le solite oscenità, rimanendo comunque nell'ambito di un rapporto consensuale, seppure sotto sudditanza psicologica, la Procura di Ascoli alza ulteriormente il tiro. In un'indagine parallela mette a verbale i racconti di sei allieve e chiede di processare il caporal maggiore G.M. come aguzzino e sadico sessuale.



In due mesi, maggio e giugno 2010, avrebbe tiranneggiato il ogni modo le aspiranti soldatesse. L'addestramento tipo? "Calci, pugni, pizzicotti, schiaffi dietro la nuca - scrive il Pm Ettore Picardi nel suo atto d'accusa - colpendole con una bacchetta di plastica denominato “la picchiallieva”". L'unico rimbrotto riferibile? "Mi fate schifo, non mi è mai capitato un plotone di m. come il vostro". Perfino minacce: "C'è qualcuna tra voi che ha fatto la spia, è andata a dire che sono stato ingiusto. Quando saprò i nomi, la perseguiterò fino al reparto".