Presunto terrorismo, Manni
vuole parlare col giudice

Presunto terrorismo, Manni vuole parlare col giudice
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Mercoledì 14 Gennaio 2015, 19:18 - Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 11:33
ASCOLI - ​Stefano Manni comparirà davanti ai giudici del tribunale della libertà di L'Aquila il prossimo 19 gennaio. In un primo momento era stata fissata l'udienza per discutere l'istanza di scarcerazione della compagna di Manni, Marina Pellati, finita in carcere anche lei con l'accusa di far parte della presunta organizzazione eversiva di estrema destra, e sembrava non fosse stata calendarizzata l'udienza del Riesame per Manni.



Invece verrà presa in esame anche l'istanza presentata dall’avvocato Nicola Montani che insieme con il penalista ascolano Mauro Gionni difende il quarantottenne ascolano ritenuto il capo indiscusso del movimento e finito al centro dell'inchiesta Aquila Nera portata avanti dalla Procura di L'Aquila che la settimana prima di Natale ha chiesto la custodia cautelare per 14 persone ritenute appartenenti alla presunta organizzazione eversiva.



I difensori, inoltre, stanno valutando la possibilità che la convocazione dell'udienza del tribunale della libertà possa essere caratterizzata da un vizio formale in quanto la fissazione della discussione delle istanze sarebbe avvenuta in ritardo. Stefano Manni è deciso a rilasciare dichiarazioni spontanee per chiarire la sua posizione.



Soprattutto quello che il quarantottenne ascolano, rinchiuso dallo scorso 17 dicembre nel carcere di Pescara, vuole evidenziare è di non avere avuto serie intenzioni di passare dalle parole ai fatti. A sostegno delle sue tesi, la difesa ha intenzione di produrre tutta la documentazione dalla quale emergerebbe anche la disponibilità economica che il quarantottenne, in un particolare frangente, aveva dopo aver riscosso un risarcimento assicurativo che sarebbero potute essere utilizzare per acquistare le armi, mentre Manni ha destinato quei soldi per la famiglia.



Gli avvocati di Manni, che hanno chiesto la scarcerazione del proprio assistito e come ipotesi subordinata la concessione degli arresti domiciliari, nel ricorso presentato hanno messo in risalto la personalità di Manni che di fatto si era costruito un personaggio attraverso i social network facendo credere quello che non era solo per crearsi delle credenziali nell'ambito dei movimenti di estrema destra, come ad esempio il fatto di dire di essere parente del terrorista nera Gianni Nardi.



Ma soprattutto, evidenzia l'avvocato Gionni, contrariamente a quanto emergerebbe dalle intercettazioni, non ha mai fatto parte dei servizi segreti. Stefano Manni, effettivamente, ha un trascorso nei carabinieri ed aveva ricevuto anche dei riconoscimenti per alcune operazioni a cui aveva partecipato, ma non è mai stato un agente del Sismi come invece voleva far credere. Per i reati che la Procura di L'Aquila gli contesta, Stefano Manni rischia una condanna fino a quattordici anni di reclusione.
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