Green pass falsi, in 58 rischiano il processo ad Ascoli per truffa e corruzione. Altri 16 hanno chiesto di patteggiare

Green pass falsi, in 58 rischiano il processo ad Ascoli per truffa e corruzione. Altri 16 hanno chiesto di patteggiare
Green pass falsi, in 58 rischiano il processo ad Ascoli per truffa e corruzione. Altri 16 hanno chiesto di patteggiare
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Sabato 22 Ottobre 2022, 04:00 - Ultimo aggiornamento: 24 Ottobre, 09:02

ASCOLI - Corruzione, truffa, falso ideologico e peculato sono i principali reati ipotizzati dalla Procura di Ascoli nei confronti del dottor Giuseppe Rossi, di Maurizio Strappelli e di altre 56 persone coinvolte a vario titolo nell’inchiesta sulle false vaccinazioni che lo scorso mese di gennaio portò all’arresto dell’allora medico di medicina di base dell’Area vasta 5 e di colui che viene ritenuto dagli inquirenti l’intermediario con i pazienti. Il procuratore generale Umberto Monti e il suo sostituto Mara Flaiani hanno firmato e notificato agli indagati l’avviso di conclusioni delle indagini preliminari.  Per tutti è stato ipotizzato il reato di corruzione.

Una parte dei pazienti pazienti del dottor Giuseppe Rossi ha chiesto di patteggiare.

Il medico di Ascoli è accusato di aver favorito il rilascio di Green pass falsi senza sottoporli alla somministrazione del vaccino anti Covid 19. L'inchiesta ha riguardato 72 persone; a 56 la Procura di Ascoli Piceno ha inviato nei giorni scorsi l'avviso di chiusura delle indagini. Le altre 16 persone hanno chiesto di patteggiare già in fase di indagine, ammettendo sostanzialmente le proprie responsabilità. 

 

Secondo quanto sostenuto dalla Procura, sarebbe stato appurato che ciascuno dei pazienti consegnasse cento euro al dottor Rossi per ottenere la certificazione verde senza che venisse inoculato il vaccino. A questo, poi, si aggiungono anche i reati di falso ideologico in concorso con il medico per aver consentito il rilascio della certificazione verde senza procedere alla inoculazione del siero, falso materiale e truffa nei confronti dell’Asur per aver percepito gli emolumenti previsti per ciascuna dose di vaccino somministrata. Solo nei confronti del medico, invece, è stato ipotizzato il reato di peculato per essersi appropriato di 120 dosi che non sarebbero mai state somministrate. A questo punto, nei venti giorni successivi alla notifica, i difensori degli indagati ptranno accedere ai faldoni delle indagini tra le quali i file relativi alle intercettazioni e, se necessario, anche presentare memorie difensive oppure chiedere che i propri assistiti vengano ascoltati. Solo successivamente, la Procura potrà presentare la richiesta di rinvio a giudizio per le persone coinvolte. L’inchiesta partì dopo che il governo, per cercare di fronteggiare la pandemia, introdusse l’obbligo di green pass sui luoghi di lavoro. Non passò inosservato, neppure ai vertici dell’Area vasta 5, il comportamento nelle settimane successive del medico di base che aveva prelevato un numero di fiale decisamente superiore alla media degli altri colleghi che avevano anche un numero maggiore di assistiti. 
 

Appostamenti e pedinamenti


Dopo mesi di appostamenti, pedinamenti, intercettazioni, a inizio gennaio scattò il blitz: i carabinieri attesero che il dottor Rossi terminasse il turno notturno di guardia medica per arrestarlo. Dalla successiva perquisizione, i militari dell’Arma trovarono nella sua abitazione quasi settemila euro in banconote all’interno di alcune buste. E fu allora che il dottor Rossi fece ai carabinieri delle parziali ammissioni che poi ribadì, fornendo ulteriori particolari, dopo che era stato rinchiuso nel carcere anconetano di Montacuto, al procuratore Monti che ha, di conseguenza, ipotizzato per gli attuali 58 indagati anche il reato di corruzione. Nel frattempo, il dottor Rossi, assistito dall’avvocato Umberto Gramenzi, è stato rimesso in libertà e dopo essere andato in pensione come medico di medicina generale convenzionato con l’Asur, è tornato a svolgere la libera professione. 
 

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