Il papà killer può lasciare il carcere. Ai domiciliari con il braccialetto. I legali hanno evidenzato lo «stato di sofferenza» psicologica

Loris Pasquini
Loris Pasquini
di Federica Serfilippi
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Sabato 24 Luglio 2021, 04:05 - Ultimo aggiornamento: 16:00

SENIGALLIA - Loris Pasquini lascerà il carcere di Montacuto. L’ex ferroviere 72enne accusato di aver ucciso con un colpo di pistola il figlio Alfredo lo scorso 29 marzo andrà agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico.

È stato il gip Carlo Masini ad accogliere ieri mattina la richiesta di scarcerazione dell’indagato, difeso dagli avvocati Silvia Paoletti e Roberto Regni.

I legali avevano presentato un’istanza a metà settimana mettendo in evidenza lo «stato di sofferenza» psicologica del loro assistito, l’assenza dei presupposti per la reiterazione del reato, per un’eventuale fuga e l’inquinamento delle prove.

Nell’istanza era stato fatto anche presente che nella villa di Roncitelli dove è stato commesso il delitto non vive più la moglie thailandese di Loris, unica parziale testimone dell’omicidio e, dunque, per questo tassello di fondamentale importanza all’interno dell’inchiesta.

La donna, dopo aver rilasciato dichiarazioni ai carabinieri su quanto visto il giorno della tragedia, ha lasciato Senigallia e ha iniziato a lavorare a Milano, appoggiandosi da alcuni amici. Inoltre, la Caritas ha dato la disponibilità al 72enne a poterlo aiutare con il rifornimento dei beni di prima necessità. L’indagine del pm Paolo Gubinelli si avvia verso la conclusione. All’appello mancano la perizia medico-legale e un approfondimento balistico per vagliare la traiettoria del proiettile sparato da una pistola che Loris deteneva irregolarmente.

L’indagato dice di aver sparato al figlio 26enne da una distanza ravvicinata, per evitare ulteriore violenze: «Quel giorno Alfredo era incontenibile, se non avessi sparato mi avrebbe ammazzato con il bastone che impugnava» la versione dell’ex ferroviere che, in passato, aveva denunciato il figlio (seguito dal Csm) per maltrattamenti. I difensori si sono affidati a due consulenti per vagliare lo status mentale del 72enne al momento dei fatti: uno psicologo e uno psichiatra. La richiesta di perizia psichiatrica, da discutere all’interno di un incidente probatorio, era stata rigettata dal gip.

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