Rossini (associazione presidi Marche): «Mai sentito un caso simile: dobbiamo agire sulle cause»

Rossini (associazione presidi Marche): «Mai sentito un caso simile: dobbiamo agire sulle cause»
Rossini (associazione presidi Marche): «Mai sentito un caso simile: dobbiamo agire sulle cause»
di Maria Cristina Benedetti
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Martedì 25 Ottobre 2022, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 18:59

Definisce la modalità, Riccardo Rossini. «Una trasgressione plateale che varca i confini della scuola, da sempre considerati un tabù». Il preside dell’istituto tecnico agrario “Cecchi” di Pesaro e presidente regionale dell’Anp, l’associazione che li riunisce, i presidi, indica la distanza che intercorre tra la cronaca e la sua degenerazione: «Fatti del genere non sono la consuetudine. Non ricordo nulla di simile nelle nostre aule». 

 
Passi per l’eccezione, ma come si può entrare in classe con una bottiglia di vodka? 
«Mica siamo agenti di polizia, non possiamo certo piazzare i metal detector, né possiamo perquisire i ragazzi all’entrata, guardare nei loro zainetti». 
Quindi, depone le armi? 
«Cambio prospettiva. Partendo dall’assunto che non siamo un carcere di massima sicurezza, e che portare un super alcolico in classe è in realtà semplicissimo, il nostro dev’essere un lavoro sull’educazione». 
Difficile stabilire il confine tra i proclami e l’azione. Ci provi. 
«Per me conta capire cosa c’è alla base di un gesto di sfida come quello compiuto al liceo classico di Ancona. Voglio comprendere cos’è successo nelle teste di quei giovani. Noi siamo educatori: la scuola deve formare, istruire, ma in primis deve educare».
Intransigente. 
«Devo, e sottolineo devo, afferrare il senso. Vorrei ripetermi».
Prego. 
«Non ricordo nulla di simile». 
Come evitare il replicarsi del misfatto? Prevenga. 
«Ribadisco: non stiamo lì a perquisire gli zaini. Dobbiamo preoccuparci del motivo per cui la trasgressione varca i confini di un luogo considerato sacro, come la scuola. A parte l’ultima moda, che s’è ormai imposta, di portare la bottiglia di spumante all’esame di Stato, fatti del genere non avvengono. Non strumentalizziamoli».
Non può tuttavia negare l’uso di canne e spinelli tra gli studenti. 
«Sicuramente prima di entrare a lezione c’è chi se ne fa. Fuori. Ripeto, noi non siamo la polizia e poi dobbiamo affrontare il fenomeno con un approccio statistico: se su 30mila studenti, che ogni giorno frequentano le scuole marchigiane, alcuni introducono superalcolici in aula è un evento deprecabile, ma limitato. Non è giusto generalizzare, nel rispetto degli altri». 
I carabinieri e la polizia, che varcano periodicamente i cancelli dei vostri istituti, non sono l’ammissione di un disagio? «Non direi. Anche da noi al Cecchi ci sono le giornate dedicate alla prevenzione e ai controlli, con l’intervento delle forze dell’ordine e dei cani molecolari. Sono soprattutto azioni simboliche, e formative».
Che dire di quei dodici ragazzi del Rinaldini sospesi? 
«Che è giusto così, si deve prendere atto dell’accaduto e va stigmatizzato. È il consiglio di disciplina a decidere, sono più teste che stabiliscono la sanzione.

L’importante è far capire loro che si può fare altro oltre che bere vodka in classe. Molto altro».

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