Manifattura Tabacco al capolinea
«Il piano industriale non è idoneo»

Manifattura Tabacco al capolinea «Il piano industriale non è idoneo»
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Martedì 28 Novembre 2017, 07:45
CHIARAVALLE - La fine di una storia iniziata 260 anni fa? Pare proprio di sì visto che il tribunale fallimentare di Ancona ha revocato la procedura di concordato preventivo e dichiarato il fallimento della Manifattura italiana tabacco di Chiaravalle. La decisione è arrivata ieri quando i giudici hanno dovuto prendere atto che il piano industriale a base della domanda di concordato si è rivelato palesemente inidoneo al risanamento dell’impresa. Già i commissari giudiziali avevano evidenziato rilievi di inammissibilità del concordato: ad esempio non sarebbero documentate uscite dalla cassa contanti per oltre 20mila euro e sarebbe stata riscontrata un’attività di prelievi definita “anomala”. Una gestione della cassa “disinvolta - si legge nel decreto di revoca - e l’adozione di iniziative senza il controllo degli organi della procedura in sicura assenza di buona fede». La Mit era stata ammessa alla procedura di concordato preventivo nel 2016 ed aveva prospettato un piano di continuità diretta e la soddisfazione dei creditori chirografari con la finanza esterna per 2 milioni di euro, proveniente dai soci.

E dire che il tentativo di salvataggio aveva incassato motivi di ottimismo in un’ipotesi di transazione con il Fisco, per attenuare l’impatto di debiti per circa 208 milioni, metà dei quali consolidati, il resto contestai dall’azienda. La colossale esposizione con l’Agenzia delle entrate riguardava soprattutto le sanzioni per mancato pagamento di accise e Iva relativa all’inchiesta penale per contrabbando che nel dicembre 2014 aveva portato all’arresto di due dirigenti della Mit, accusati di un traffico internazionale di sigarette per cento milioni di euro orchestrato simulando passaggi in Paesi extra Ue. 

Ma ancora di più ha pesato il piano industriale, ritenuto dal tribunale non adatto a sostenere il risanamento aziendale. «Sono molto dispiaciuto - dice Claudio Passaretti, amministratore unico della Mit - perché avevamo contratti da firmare per oltre 200 milioni di euro di cui il tribunale era a conoscenza. Ora inoltreremo ricorso in appello e speriamo di avere risposte positive per i lavoratori». L’azienda era riuscita a continuare l’attività tanto che lo scorso gennaio la produzione era ripresa a pieno ritmo senza l’utilizzo di ammortizzatori sociali e a giugno i sindacati speravano addirittura nell’assunzione di altri 10 unità lavoratori. Con il fallimento invece ora sono in bilico 80 posti di lavoro: 65 a Chiaravalle, il resto a Roma. 
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