Aurora Ferraro, sindacalista: «A sinistra da sempre, ma nella minoranza»

Aurora Ferraro, sindacalista: «A sinistra da sempre, ma nella minoranza»
Aurora Ferraro, sindacalista: «A sinistra da sempre, ma nella minoranza»
di Lucilla Niccolini
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Domenica 17 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 08:37

Ha un nome luminoso, Aurora Ferraro, come il suo sorriso. «Peccato che quand’ero bambina non mi piacesse per niente. Avrei preferito chiamarmi Anna o Patrizia, nomi più comuni a quei tempi». Negli anni Cinquanta, chiamarsi Aurora la distingueva dalle altre, l’ultima cosa che lei avrebbe voluto. Nata nel ‘51, da una famiglia della piccola borghesia, sognava di fare la giornalista, per viaggiare e conoscere altre realtà, popoli e situazioni. Per questo, dopo la maturità scientifica, al Luigi di Savoia, nel ‘70 s’iscrisse a Sociologia, a Urbino, dove cominciava ad affermarsi anche la Scuola di Giornalismo. «Ma a me pareva giusto prendere innanzitutto una laurea, poi mi sarei orientata. In aula eravamo appena una ventina, avevamo grandi maestri».

Il punteggio

Il prof di Storia Moderna, Enzo Santarelli, le spalanca un mondo. «Sistemò le mie idee confuse, i furori che avevo concepito al liceo con Patrizia Dobrilla, compagna di banco e amica del cuore. Nessuna rivoluzione, ma un certo impegno, anche in una città pacifica come Ancona». Con i piedi per terra, nel ‘73 sostiene un concorso del Ministero delle Finanze. E lo vince, con un punteggio che le permette di entrare subito all'Ufficio del Registro di Ancona. «Non era la strada che avevo sognato, ma chi ero io per rinunciare a una tale occasione? Papà Giuseppe, siciliano di origine, faceva il vigile urbano; mia madre Maria era casalinga. I fratelli Alessandro e Fabio, più grandi di me di qualche anno, già lavoravano». Però non rinuncia a laurearsi, studentessa lavoratrice. E s'iscrive al sindacato: Cgil, dipendenti pubblici.

L’ordine gerarchico

«Tra i primi incarichi, quello di battere a macchina un volantino, in un bugigattolo della sede di via Giannelli. Entrata con gonna e blusa bianche, ne sono uscita di ben altro colore. Anch’io sono stata un angelo del ciclostile». Ma tutt'altro che sottomessa all’ordine gerarchico maschile, che dominava allora nella sinistra, Aurora fa strada. Le sue idee, sempre chiare, si rafforzano nel dialogo con la famiglia del suo ragazzo, Silvio Frattini, che sposa nel '76, dopo la laurea. «Comunisti da sempre, sia mio suocero, nel Gap durante la Resistenza, che la moglie, mamma Cesini, militante dell'Udi.

Attivissimi alle Grazie, nelle feste dell'Unità, a villa Beer, in un quartiere in grande fermento. Pur abitando in zona Borgo Rodi, io mi sono subito integrata in quell’ambiente. Segretaria della sezione Grazie-Tavernelle del Pci, intitolata a Walter Germontari, ho lottato per impedire la cementificazione di via Moroder, col concorso di tanti compagni. Volevamo farne un parco urbano. Peccato, ma fu una bella battaglia, appassionante, anche se l'abbiamo persa»

I ruoli

Intanto scala il cursus honorum alla Cgil: dalla segreteria della Funzione pubblica, entra in direttivo nazionale, e alla fine degli anni '90 alla segreteria della Camera del Lavoro, responsabile della zona Ancona Sud/Osimo. «Sempre nella mozione di minoranza, a sinistra, contro la legge Biagi, un passo decisivo verso la precarizzazione del lavoro. E dopo la Bolognina, ho lasciato il Pci». Solo il sindacato, ripete, ha saputo restare radicato sul territorio. Stare vicino alla gente, ascoltarne i bisogni, cercare risposte. Idee chiare? «Ma no, non sempre. Mi faccio domande, mi creo problemi, e forse ne ho creati di più agli altri». Ottimista della volontà, ha fatto parte anche della Commissione Pari Opportunità della Provincia.

La solidarietà

«Quando presidente era Marisa Saracinelli, donna straordinaria, abbiamo fatto azioni efficaci, all’avanguardia, come uno dei primi corsi per il personale di pronto soccorso e di polizia, addetto ad accogliere le istanze delle vittime di violenza. E, dopo la guerra nella ex Jugoslavia, il progetto Lavatrici per Mostar, a sostegno delle donne riunite in cooperative per assicurare il servizio di lavanderia alle truppe Nato. Credo nella solidarietà». Anche per questo, una volta in pensione, terminata l’attività sindacale, si impegna nel direttivo dell’Anpi, responsabile del coordinamento donne. E nel Circolo Germontari, alle Grazie. «Per mantenere accesa quella fiaccola: fondato nel 1881, per sostenere le famiglie operaie, deve restare un punto di riferimento del quartiere». Le brillano gli occhi chiari.

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