Cinquecento chilometri, a piedi fino a Kiev: l’impresa di Kevin per gli ucraini

Cinquecento chilometri, a piedi fino a Kiev: l’impresa di Kevin per gli ucraini
Cinquecento chilometri, a piedi fino a Kiev: l’impresa di Kevin per gli ucraini
di Lucilla Niccolini
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Domenica 8 Ottobre 2023, 05:40 - Ultimo aggiornamento: 11:53

ANCONA  - All’Europa, l’Ucraina è vicina. «Più di quel che sembri: ci puoi andare a piedi». Zaino in spalla e buone scarpe, cappellaccio in testa, Kevin Carboni è arrivato ieri a Kiev, dalla Polonia. A piedi. Il giovane giornalista anconetano ha scelto di dimostrare la sua vicinanza al popolo ucraino invaso con una camminata di 500 chilometri. “Walk to Kyiv” ha chiamato l’impresa, finalizzata a raccogliere fondi per sostenere due iniziative: della Fondazione Voices of Children, per fornire assistenza psicologica ai bambini ucraini, e della Energy Act for Ukraine Foundation, per dotare scuole e ospedali di pannelli solari.

«L’obiettivo è raccogliere un milione di euro», sottolinea Carboni, raggiunto al telefono.

Tutte le informazioni per contribuire alla causa sono sul sito www.walk-to-kyiv.com, e su Instagram, dove, dal 13 settembre, Kevin ha continuato a raccontare, con foto e podcast, il suo viaggio, col supporto tecnico, dall’Italia, degli amici Giulia Romani, Raffaele Pecoraro e Roberto Palumbo. «Percorrendo 20-30 chilometri a tappa, ce l’ho fatta a raggiungere la meta, con un giorno di anticipo rispetto al programma. Fatica? Tanta, ma non mi ha fermato, anche se a metà percorso un dolore al piede destro mi ha fatto rallentare parecchio». Ha attraversato borghi e campagne, ma anche zone sensibili.

«Una settimana fa me la sono vista brutta: quando arriva l’allarme aereo di giorno, e sei sulla strada, non sai dove ripararti». La lingua non è stata un grosso problema. «Un po’ d’inglese, con chi lo parla, e ho usato quelle espressioni indispensabili dell’ucraino, imparate a Kiev nel 2018, studente Erasmus alla Taras Shevchenko National University. Quando è iniziata l’invasione, ricordando la fantastica esperienza che ho vissuto là, mi sono sentito impotente per questo popolo, per certi versi così simile ai marchigiani. Per sconfiggere il rimpianto di poter fare poco, ho deciso di compiere un gesto che li facesse sentire meno soli nella tragedia». 

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