ANCONA - Per quasi dieci anni avrebbe impersonato la figura del marito-padrone, picchiando, minacciando e violentando la moglie. Ma non solo, le avrebbe pure impedito di uscire da sola (poche erano le eccezioni), imparare l’italiano e crearsi una propria indipendenza economica. Un inferno che la donna, di origine marocchina, aveva avuto il coraggio di denunciare solo nel 2019, rivolgendosi ai carabinieri. La querela ha portato il marito - diventato nel frattempo ex - a processo per una sequela di accuse: maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, stalking, lesioni personali, violazione degli obblighi di assistenza familiare e violazione del divieto di avvicinamento alla donna e ai figli.
La decisione
La sfilza di reati è costata all’uomo, un 50enne marocchino, una condanna a sette anni e sette mesi di reclusione.
La ricostruzione
Stando a quanto ricostruito durante le fasi del processo, le violenze tra le mura domestiche sarebbero esplose a partite dal 2009. La donna sarebbe stata privata di ogni libertà, adibita a svolgere le mansioni di casa e ad accudire i figli. Stando alle accuse, il 50enne l’avrebbe picchiata anche mentre lei era incinta, arrivando persino a percuoterla con un bastone. Tale episodio fa riferimento all’agosto del 2017. Erano stati i vicini, sentendo le urla e vedendo parzialmente la scena, a lanciare l’allarme e a chiamare i carabinieri. La donna era finita al pronto soccorso per i vari traumi subiti: la prognosi era stata di 15 giorni. L’imputazione parla anche di plurimi abusi sessuali di cui sarebbe stata vittima la marocchina. E poi, le minacce continue, a volte scatenate dal vizio alcolico dell’imputato: «Ti ammazzo», «sei una nullità», «se non torni con me ti taglio la gola», «gli italiani non capiranno mai come sei morta».
Dopo la decisione della donna di intraprendere un percorso di separazione, il 50enne avrebbe iniziato a perseguitarla, con appostamenti sotto l’appartamento dove lei si era trasferita con i figli, e minacce di morte. Nell’agosto del 2019 era riuscito a piombare a casa della ex, violando il divieto di avvicinamento posto dal tribunale. Motivazioni tra 90 giorni: quasi scontato il ricorso in appello da parte della difesa.