Ancona, l’immobiliarista Claudio Cerioni: «Riformare il credito, altrimenti l’economia si ferma. Banche partner d’impresa o resteranno dei buchi neri»

L’immobiliarista Cerioni: «Banche partner d’impresa o altrimenti l’economia si ferma»
L’immobiliarista Cerioni: «Banche partner d’impresa o altrimenti l’economia si ferma»
di Maria Cristina Benedetti
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Mercoledì 28 Febbraio 2024, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 11:53
Condannati all’oblio. Claudio Cerioni non intravede una sorte alternativa alla dimenticanza per i due ex contenitori sanitari Lancisi e Tambroni. Tramuta la vertigine di quel vuoto a perdere in riflessione, l’agente immobiliare: «Semplice, non ci sono più i soldi». 
Resteranno dei buchi neri, la sentenza è senza appello?
«È molto probabile, tuttavia spero di no. Prendiamo il vecchio cardiologico: il progetto potrebbe essere interessante, la zona dove sorge è residenziale, Borgo Rodi, sono tanti i metri quadrati a disposizione, il prezzo d’asta potrebbe essere vantaggioso». 
Detta così, sembrerebbe un affare. 
«Tutt’altro. Una volta acquistata la struttura, per ristrutturarla ci vogliono 7 milioni di euro. Se un imprenditore disponesse di una simile cifra andrebbe in vacanza. Conviene».
Qual è il punto di caduta? 
«Non c'è più credito. Non è più possibile fare operazioni a debito. I tassi d’interesse sono alti, oscillano tra il 5 e il 7 %, in ogni caso quei soldi te li concedono con molta fatica. Il merito creditizio ha alzato l’asticella. Qualcuno dovrebbe intervenire».
È un ingranaggio oliato dalla negazione che rischia di far saltare il banco? 
«Se vai in banca a chiedere 10mila euro di scoperto sul conto è già molto difficile ottenerlo. Immagini se si presentasse un immobiliarista con un business plan. Non è finita qui».
Cioè?
«Al di là di tutti gli impedimenti, se quell’operazione di recupero andasse in porto, si sarebbe costretti a combattere con tutte le istituzioni che, compiendo il loro dovere, sono chiamate a vegliare sul proprio ambito di competenza. Si metterebbe in moto una macchina complessa, non facile da gestire. In altri Paesi della comunità europea, tra la presentazione del piano di rigenerazione di un immobile e la posa della prima pietra, non passano anni. È tutto più snello». 
La soluzione?
«Le banche devono entrare nell’ottica di farsi partner dell’impresa. Lavoriamo insieme. Se ognuno fa bene la propria parte si genereranno utili, verranno redistribuiti e tutti rientreranno delle spese, guadagnandoci». 
Vendere sulla carta potrebbe essere un’opzione? 
«No. Se arrivassi a mettere insieme una caparra, dovrei garantire quel capitale con una fideiussione bancaria. In sintesi, non disporrei di quella cifra. Senza una riforma seria del credito, l’economia si ferma, non c'è futuro. I piccoli imprenditori sono già spariti. Vorrei insistere su un punto, che ritengo decisivo». 
Quale? 
«Un pool di banche, Cassa depositi e prestiti, o comunque un soggetto istituzionale, dovrebbero farsi parte attiva. E se non riuscissi a vendere le case costruite nel tempo stabilito, se fossero necessari sei mesi o un anno in più, non dovrei essere messo nella condizione di rientrare con la mia linea di credito». 
Un corollario del teorema dell’assurdo? 
«Nel conto economico, la spesa della ristrutturazione è cresciuta del 60%. Vede? Conviene sempre andare in vacanza».
 
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