La funzionaria Lia Straccio: «Ero immersa nei libri ho fatto pure la barista»

La funzionaria Lia Straccio: «Ero immersa nei libri ho fatto pure la barista»
La funzionaria Lia Straccio: «Ero immersa nei libri ho fatto pure la barista»
di Lucilla Niccolini
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Domenica 18 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15:57

Dall'adolescenza all'età adulta in un attimo. Lia Straccio, adolescente immersa nei libri, è diventata donna quando ha incontrato l'uomo della sua vita, Bruno Marconi, un vulcano di idee dai capelli lunghi. «Con lui, non mi sono mai annoiata, ha dato una svolta alla mia esistenza». Una volta costruita, mattone su mattone, la villetta al Pinocchio, nel '58, Marino Straccio, ferroviere, e la moglie Cesaria avevano adottato Lia, neonata, a Teramo. E famiglia fu. La nonna Assunta l'ha cresciuta, bambina amatissima, quando i suoi erano al lavoro. «Una donna splendida, di grande intelligenza – la ricorda Lia. - Parlava poco, non si arrabbiava mai. Ma quando diceva una cosa, era quella. Un'autorevole matriarca». La piccola, Lina per tutti, giocava in giardino con i figli dei vicini.

La scoperta

«E quando, alla scuola materna, la maestra mi chiamò, non risposi, non sapevo chi fosse quella Lia». Curiosa, un giorno, rovistando tra le carte del padre, trovò un atto di nascita, i cui dati corrispondevano ai suoi, e scoprì di essere stata adottata. «Lo dissi a mia madre, che ci rimase molto male, a differenza di me. Non mi sembrava importante». Al liceo Classico, trasferito alle Palombare dopo il terremoto, «mi sentivo un pesce fuor d'acqua, anche se noi della D, l'ultima sezione, poi abolita, eravamo tutti un po' “diversi”». A parte Giuliana Cavezzali, la prof di Greco, Rosanna Paci d'Italiano e Latino, «per me speciale», e Giuseppe Dall'Asta di Filosofia, i docenti potevano cambiare ogni sei mesi. «Di quegli anni, passati sui libri, ricordo bene la mattina del marzo 1978, quando il nostro compagno Antonio Fallica entrò trafelato in classe annunciandoci il rapimento di Moro e la strage della scorta». Lia era incinta, avrebbe partorito Alice il 30 maggio. «Avevo sposato Bruno, in licenza dal servizio militare, durante le vacanze di Natale. Non mi scorderò mai cosa disse Dall'Asta per convincere il consiglio di classe ad ammettermi all'esame di maturità: “è una brava persona”. Un criterio, che mi sono trovata tante volte ad applicare nel giudicare gli altri.

Il titolo di studio, la laurea, contano meno».

Tant'è che, iscritta a Giurisprudenza a Macerata, quando nacque il secondogenito Francesco, nell'80, lasciò perdere gli studi. «Marconi voleva che continuassi. Alice era coccolata e viziata da mamma, nonna e zia, avrei anche potuto, ma per me non era più tempo. Bruno lavorava nell'amministrazione dei Vigili del Fuoco, e io, dopo qualche impiego a tempo determinato, andai a fare la cassiera da Carelli, alla Bottega del Caffè». Poi, un lavoro con orari più comodi, al bar del distributore di Pavoni alla Baraccola.

«E ho imparato a fare la barista». Tant'è vero che le propongono di gestire il ristorante al centro sportivo Green, sotto Castelfidardo. «Con mio marito e una coppia di amici, una bella esperienza, ma orari impossibili: talvolta, quando si ballava, chiudevamo alle 4 del mattino, e l'indomani bisognava aprire il bar alle 8». Passata a lavorare in una ditta di pulizie, «mi chiamo Straccio, nomen omen, un karma», viene coinvolta da Stefania & Co nella campagna elettorale per le Comunali. «Della politica, a differenza di Bruno, ero incuriosita da sempre». E viene eletta in Circoscrizione. Dà una mano a Stefania quando diventa consigliere regionale. Poi, quando lei è eletta segretaria regionale della Margherita, entra nell'amministrazione del partito.

Il punto di riferimento

Ed è tuttora nume tutelare della sede regionale del Pd. Un punto di riferimento per tutti. Quando stai per tanti anni a contatto col pubblico, impari a trattare con tutti. «Non sempre la politica tira fuori il meglio delle persone, ma chi la sceglie come un impegno, deve avere una motivazione forte, che merita rispetto». L'onestà, la lealtà sono valori che le ha trasmesso la famiglia, che lei ha insegnato ai figli. «E il senso della comunità, che non c'è chi non possa riconoscerci». Una volta venne da lei un signore a chiedere di prendere la tessera. Aveva solo 5 euro in tasca, non poteva spendere di più. Lia gliel'ha fatta ugualmente, mettendo il resto di tasca propria.

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