ANCONA «Spaccio perché non guadagno abbastanza e devo mantenere mia figlia». Il papà-pusher, assistito dall’avvocato Giovanni Rizzi, ha provato a difendersi così davanti al giudice Francesca Grassi, dopo essere finito in manette martedì pomeriggio. Ma la giustificazione e il suo atteggiamento collaborativo non sono bastati: è stato collocato agli arresti domiciliari, in attesa del processo.
Le condanne
Pesano due condanne pregresse e, soprattutto, i quasi 80 grammi di stupefacenti che i poliziotti della Squadra Mobile dorica, sezione Antidroga, hanno sequestrato a casa del 49enne, operaio residente in via Torresi.
In casa i poliziotti hanno trovato pure ritagli di cellophane, rotoli di nastro adesivo e forbici annerite che confermerebbero l’attività di spaccio, proprio come i foglietti scritti a mano in cui il 49enne appuntava iniziali di nomi e cifre che, per gli investigatori, testimoniano una rudimentale contabilità tenuta per monitorare i crediti vantati nei confronti dei clienti.
Ai polsi del papà-pusher sono scattate le manette. Ieri in tribunale l’arresto è stato convalidato, nonostante abbia collaborato, raccontando che il suo lavoro da operaio ai cantieri navali non gli consente di guadagnare abbastanza per mantenere se stesso e la figlia, dopo un matrimonio tramontato. Su richiesta del pm Marco Pucilli, è stato messo ai domiciliari.
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