L'imprenditore Violoni: «L’edilizia in fermento ma mancano gli operai. Giovani? In fuga da questo settore»

L'imprenditore Violoni: «L’edilizia in fermento ma mancano gli operai. Giovani? In fuga da questo settore»
L'imprenditore Violoni: «L’edilizia in fermento ma mancano gli operai. Giovani? In fuga da questo settore»
di Véronique Angeletti
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Venerdì 8 Settembre 2023, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 10 Settembre, 08:12

Ingegnere Stefano Violoni, titolare della Violoni Imprese Costruzioni Generali di Altidona e presidente dell’Ance Marche, come spiega questa impennata di richieste di figure da contrattualizzare? 
«Innanzitutto, va precisato che siamo nelle Marche. Regione che, come l’Abruzzo, l’Umbria e Lazio in maniera molto più marginale, riversa sul settore dell’edilizia un grande numero di richieste per lavori che riguardano progetti finanziati dai fondi del Pnrr, da fondi ministeriali, investimenti pubblici ordinari oltre ciò che riguarda il Sisma 2016. Ed è proprio per rispondere a tutte queste richieste di lavoro che il settore edile ha bisogno di tutte queste figure». 

La domanda in crescita di questi ultimi mesi ha trovato il comparto impreparato? 
«Sì, ma questo va contestualizzato.

Ricordo che usciamo da una crisi lunga 15 anni che spesso ha confinato i costruttori in lavori di routine. Un orizzonte nero che ha portato le imprese spesso a licenziare o a non assumere nuove risorse in sostituzione di chi andava in pensione e anche a non cercare maestranza specializzata. Poi, la domanda è esplosa e ci siamo trovati non preparati per rispondere a tutta questa importante mole di lavoro, ma ci stiamo continuamente adeguando alle esigenze di mercato». 

Ed è facile trovare le figure giuste per l’edilizia? 
«Assolutamente no. È difficilissimo perché è un lavoro che negli anni si è profondamente modificato. I lavoratori devono avere delle competenze, aver fatto dei corsi adeguati. Ma quello non sarebbe un problema, abbiamo scuole edili che favoriscono la crescita professionale e l’aggiornamento continuo». 

Qual è il problema allora? 
«I giovani hanno una visione sbagliata e obsoleta di questo lavoro. Pensano sia poco edificante, pesante, come lo era una volta. Lo è tuttora, ma solo in alcuni ambiti, per delle lavorazioni particolari perché nel suo insieme è notevolmente cambiato rispetto a venti anni fa ed è gratificante». 

Cambiato come? 
«L’operaio deve essere per forza qualificato. Deve saper riconoscere i prodotti che utilizza, sapere come adoperarli, utilizzarli correttamente in funzione delle risposte che devono dare. Il che esige conoscenze, rispettare determinate regole e anche saper prendere delle iniziative, avere uno spirito di adattamento. Cosa che, invece, si è perso nell’ambito lavorativo».

Ma la crescita di assunzione è legata all’arrivo di nuove aziende? 
«Non credo. Non ci sono adesso nuove aziende. All’eccezione di quelle che si sono “inventate” per lavorare con i bonus, ma dopo i controlli, come sono nate, sono scomparse o in grandissime difficoltà. Il nostro lavoro è complesso e complicato. Necessita di improntare molti soldi per la maestranza e le attrezzature e siccome non dà grandi margini rispetto al volume d’affari che sviluppa, si recuperano gli investimenti dopo molti anni». 

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