Lungo le linee non elettrificate del calcio europeo, alle estreme propaggini del continente, corre dal 6 luglio la Conference League, la (terza) coppa di cui la Uefa sentiva il bisogno da sei anni, ché i primi reperti risalgono addirittura al settembre del 2015. Eppure. Eppure, come ogni grande manifestazione, la Conference mescola destini e storie, traiettorie e sogni, ma soprattutto: vite. Da Gibilterra all’Azerbaigian (transitando rigorosamente per Roma), abbraccia tutta l’atlante dell’Europa – nomi strepitosamente immaginifici e impronunciabili, tra l’altro. Ed ecco allora un attaccante nato nel 2001 in Nigeria firmare il librone delle statistiche surfando sulla storia. Si chiama Evo Christ Ememe, gioca nel Mosta (per i curiosoni: è a Malta) e per sempre rimarrà il primo marcatore in assoluto della Conference League. Per la felicità Christ ha pubblicato su Instagram il video del gol – un destro basso incrociato sul palo opposto – e ha commentato a beneficio dei suoi 760 follower: «Grazie a Dio onnipotente». Sfortunatamente, poi, il Mosta è stato eliminato dallo Spartak Trnavas, però la gioia folle di Ememe rimarrà in aeternum a galleggiare in rete.
Un club del Lussemburgo si chiama Fola Esch, ha vinto le due partite giocate ed è curioso annotare che sia partito dai turni antelucani della Champions League – sì: quella vera del Barça e del Bayern.
Un esempio? Subito. Nel Paços de Ferreira, per dirne uno, ha trovato ricovero un certo Stephen Antunes Eustáquio, nato nel dicembre del 1996 e capace di aver giocato in tre squadre del Portogallo, poi in Messico e adesso nel Paços. Non pago di questo erratico peregrinare, Eustáquio si è divertito a vestire i colori del Portogallo Under 21 e, solo in un secondo momento, del Canada. In via analoga l’Aberdeen si è assicurato un ragazzo del 2002, Kieran Ngwenya, nato in Scozia da papà del Malawi e mamma di Trinidad e Tobago. Poi, una pausa. E all’improvviso, lenti, solenni e silenziosi, appaiono oltre le nebbie all’orizzonte gli squadroni: la Roma di Mourinho, il Tottenham di Kane. Paradossalmente alieni al contesto, sembrano bambinoni di quinta spostati per un giorno in prima elementare. Sembra di sentirlo, il rumore dell’attrito. Ma, forse, è il suono che fa la democrazia del pallone.