Ballen oltre il bello e il brutto, inaugurata a Senigallia la mostra con le opere di uno dei fotografi più influenti del ventunesimo secolo

Una sala della mostra “Roger Ballen. The Place of the Upside Down”
Una sala della mostra “Roger Ballen. The Place of the Upside Down”
di Francesco Giorgi
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Sabato 16 Aprile 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 09:09

SENIGALLIA - Bisogna avere il coraggio di dire che certe cose sono intraducibili, inspiegabili a parole. Questo assunto vale per il lavoro di Roger Ballen, uno degli artisti fotografici più influenti del ventunesimo secolo. 


Nato a New York nel 1950, vive e lavora in Sud Africa per quasi quarant’anni. Geologo di formazione, dopo gli studi viaggia e inizia a fotografare ciò che vede: la ricchezza contro la povertà, l’oro contro il ferro arrugginito, il soprasuolo. Poi comincia a costruire i suoi personaggi, le sue composizioni in bianco e nero, rendendo reale ciò che è irrazionale, «fotografando le cose», come scrisse Kafka, «per estrarle dalla propria mente». Nella doppia sede di Palazzo del Duca e Palazzetto Baviera a Senigallia, è stata inaugurata il 14 aprile una mostra sorprendente – “Roger Ballen. The Place of the Upside Down” – con un nucleo di opere (circa una sessantina) provenienti dalla collezione del gallerista Massimo Minini (che è anche curatore dell’esposizione) e una selezione di 12 scatti a colori - inedita in Italia - della collezione personale dell’artista, che segna una nuova fase di sperimentazione tecnica nella sua poetica.

La mostra, che sarà visitabile fino al 2 ottobre, propone una selezione di fotografie che attraversano tutta la carriera di Ballen, appartenenti alle sue serie più famose come Outland (2000), Shadow Chamber (2005), Boarding House (2009) e Asylum of the Birds (2014).

Un’immersione in un mondo rovesciato, tra i capovolgimenti dell’antico rito carnascialesco, dove gl’inferi diventano superi, il potere viene deriso e l’ordine costituito rivolto. La fotografia di Roger Ballen rovescia le nostre abitudini di sguardo.


«Noi cerchiamo il senso delle immagini che vediamo; Roger ci interroga sul fatto che la realtà sia un non sense, e quindi ci mette in una condizione di turbamento, che ha una fondazione esistenziale ed è legata all’analisi della nostra condizione di uomini», ha spiegato Didi Bozzini, tra i redattori del catalogo della mostra. L’opera di Ballen è fortemente etica e va oltre i criteri del bello e del brutto, parlandoci di un’umanità che sta “on the edge”, sul margine estremo.

Il suo lavoro è dedito a un autentico teatro dell’assurdo, attinge all’inconscio e dimostra un forte interesse per la figura degli outsiders, di coloro che sovvertono l’idea di normalità. Gli arredi sono minimi: tavoli improvvisati con oggetti che sembrano provenire da discariche, letti distrutti, bagni suicidi. Gli scatti di Ballen esprimono un linguaggio estremo, schietto, brutale. Delineano i tratti di un’atmosfera caotica e talvolta oscura, che è perfettamente riconoscibile, tanto che è stato coniato il neologismo “ballenesque”.

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