Dal podcast al palcoscenico: “Non hanno un amico”, di Luca Bizzarri, diventa spettacolo teatrale e, con tutta la sagacia che contraddistingue la sua satira, al centro mette la comunicazione politica dei nostri tempi e i fenomeni social, raccontando la nostra società, con vizi e difetti. Bizzarri sarà in scena alle 21,15 di oggi, sabato 16 dicembre, al Teatro comunale di Porto San Giorgio (info: 3924450125) e domani al Sanzio di Urbino (07222281).
Luca Bizzarri, podcast prima e spettacolo poi: come nasce il titolo?
«Frequento spesso i social per trovare spunti per i miei interventi e mi chiedevo, se questi politici non hanno amici che gli dicono: “Perché lo fai”? Intendo dire sono soli o sono belli e bravi, ma non hanno amici che gli dicono sinceramente quello che non va?».
Come mai la scelta di passare dal podcast al teatro?
«Erano un po’ di anni che volevo fare un monologo, per me era una sfida. Mi butto sempre, mi piace tuffarmi in quello che può essere difficile. E mentre pensavo questo, sono arrivato al 200esimo podcast e ho pensato: “Sì, qui direi che il monologo c’è”. Pensavo anche di fare un’antologia, invece ho creato tutto daccapo e ci sono argomenti anche diversi».
I suoi bersagli preferiti, per la satira, sono i politici: quante soddisfazioni le danno?
«Tante soddisfazioni, ma in teatro queste saranno di meno. A teatro sono riuscito (e lo dirò), per un’ora e venti minuti circa, a non parlare mai di Salvini. A teatro c’è l’uomo, ci siamo noi, e ci sono i nostri politici che di fatto sono i nostri riflessi, un po’ come noi».
E se i politici non ci fossero?
«Il mio lavoro sarebbe decisamente molto più difficile, ma devo dire, piuttosto, che lo sarebbe se non ci fossero i social. Perchè vede, a volte, sono così fatti bene che basta citarli. Certe dichiarazioni sono buone così, da sole».
Per esempio?
«Potrei citare il caso della parlamentare che aveva smarrito il cappotto in Parlamento.
É difficile fare satira oggi?
«No, non è difficile, in sé, perché di spunti ce ne sono. Quello che è più complicato è dato dal fatto che nelle reti pubbliche non c’è spazio. Ormai a fare satira ci siamo noi (io e Paolo), c’è Crozza, c’è Propaganda live. Prima la Rai era quasi da scuola, era una fucina, oggi vedo che i politici non sono capaci di ridere di loro, anzi, provano loro stessi a essere simpatici, facendo video. I politici non dovrebbero salire sul palco con i comici, le due cose dovrebbero rimanere separate».
Per esempio?
«Ho detto no a una chiamata ricevuta dall’Anci, che voleva facessi un intervento satirico tra i sindaci, i politici».
Ma lei, Bizzarri, entrerà mai in politica?
«No, non è il mio mestiere. Ho fatto il presidente di palazzo Ducale di Genova e nell’occasione ho visto un mondo di cui non vorrei far parte, un mondo fatto di regole tremende, di parole non vere. Non vorrei frequentarlo».
I cinque requisiti per fare buona satira?
«Cinque…? Secondo me ne basta uno: far ridere. Tutti i problemi politici si smontano quando si fa ridere. Volendo citare qualcun altro al di fuori di me, le faccio l’esempio di Checco Zalone: fa cose scorrette che fanno ridere. Ma non si deve fare politica, anche questo è importante. É chiaro però che poi si resta senza amici».
Sarà sempre insieme a Paolo, con cui lavora ormai da moltissimo tempo?
«Con Paolo sempre! Ci divertiamo, poi è chiaro che ci sono anche le nostre rispettive parti teatrali».