I cinque destinatari del provvedimento facevano coniare i gettoni esclusivamente nel caso in cui gli aventi titolo, specificamente interpellati, rifiutassero la proposta di ricevere il controvalore in denaro.
Di converso, nell’ipotesi di richiesta dell’equivalente monetario, gli indagati – apparentemente allo scopo di consentire all’Istituto di ottenere un risparmio nell’acquisto di oro ma in realtà con il fine ultimo di raggiungere gli obiettivi aziendali loro assegnati, strumentali al conseguimento di incentivi annui pro capite fino a circa 45.000 euro – non procedevano, in violazione del citato contratto, al conio dei gettoni, predisponendo falsa documentazione interna (documenti di trasporto, verbali di coniatura, verbali di reingresso in magazzino, ecc.). La frode ha comportato, tra l’altro, l’indebita fatturazione da parte dell’I.P.Z.S. alla R.A.I. delle spese di produzione dei gettoni d’oro mai coniati, con un danno per la seconda di oltre 700.000 euro.