La voce Sky Compagnoni: «A Roma
o Milano la notte sogno le colline»

Maurizio Compagnoni
Maurizio Compagnoni
di Lucilla Nicolini
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Giovedì 18 Maggio 2017, 17:01 - Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 11:28
ANCONA - È la voce della domenica sera, stentorea, quella che commenta le immagini delle partite del nostro campionato su Sky, più nota ai tifosi, ma riconoscibilissima dalle neofite, che ormai a migliaia si sono scoperte tifose. Maurizio Compagnoni con poche misurate parole dispensa oracoli che disegnano traiettorie possibili, in crescendo fino all’urlo irresistibile: «Rete, rete, rete!». Diretto, franco, simpatico, Compagnoni non sa essere reticente: il suo formato è frutto di disciplina, coniugata a un carattere entusiasta ed empatico. Eletto testimonial delle Marche, va dritto al concetto, senza fare melina.

Tre motivi personali per accettare di essere testimonial della sua regione?
«Semplice: perché sono marchigiano, e perché le Marche sono una regione turisticamente molto sottovalutata. Infine perché sta vivendo una fase molto delicata, drammatica. E ha bisogno di aiuto. Se il mio contributo può servire, eccomi».

Le Marche potrebbero candidarsi a regione dello sport, può essere questo un modo per promuoversi?
«Sono perplesso. Pur riconoscendo le nostre eccellenze, che non è neanche il caso di ricordare, dal nostro compianto Michele Scarponi alle campionesse jesine della scherma, all’atleta Giammarco Tamberi, non credo che si possa eleggere una sola regione italiana. Quasi tutte, Lazio, Toscana, Lombardia, hanno punti di riferimento forti. Jesi, certo, è un’eccellenza, con una solida tradizione e un futuro promettente, e può diventare centro federale della scherma».

Con il suo lavoro, lei gira il mondo. Quando dice che è originario delle Marche, cosa si sente rispondere?
«Trovo ovunque una considerazione ottima, anche dove mai crederei che conoscessero le Marche. Anche quelli che non ci sono mai stati, in Italia e all’estero, sanno che è un bel posto. Il problema semmai è che non ci vengono. E io, lì a reclamizzare il mare bellissimo, le nostre colline, che sono anche più affascinanti di quelle della Toscana: a Milano, me le sogno di notte».

Non ci vengono. Secondo lei perché?
«Perché se le Marche hanno un difetto, è che sono scomode».

Scomode? Nel senso della ricettività?
«Nel senso dei trasporti, delle infrastrutture. È questo il problema più grosso, che riscontro ogni volta che torno a casa. La gente oggi si sposta molto più di prima, e molto più facilmente, spendendo meno: non è più un privilegio viaggiare in aereo. E se decidi di venire qui in treno o in aereo, ti metti le mani nei capelli».

Nelle Marche, un posto cui non rinuncerebbe mai?
«San Benedetto del Tronto, casa mia. Pur con qualche difetto, è una cittadina molto vivibile, che d’estate offre molto in termini di turismo. Se poi vuoi apprezzarla appieno, devi venirci in bassa stagione. La mia casa è sul mare e ci passo tutte le mie ferie. A maggio il mare è bellissimo, come in autunno. Ho sempre consigliato ai miei amici milanesi di scendere a San Benedetto. Ai single raccomandavo ovviamente l’alta stagione, quando sul lungomare c’è una movida incredibile, a tutte le ore».

Saprebbe delineare il carattere marchigiano?
«Plurale, come il nome della regione. Tante sono le sfaccettature, al di là della reputazione standard, giustissima, che ci dipinge come gente operosa e ospitale, anche se, a proposito di ospitalità, dovremmo cercare di raggiungere livelli migliori di efficienza. E poi, siamo gente solidale: non credo che sia stata adeguatamente percepita dal popolo italiano la meravigliosa dimostrazione di disponibilità che ha dato la gente della costa marchigiana in occasione del terremoto».

In quale altro posto del mondo ha trovato analogie con la sua terra?
«Una buona domanda. Senza fare paragoni forzati, ricordo due luoghi in cui mi sono sentito a casa, per il carattere delle persone. Ad Adelaide, in Australia, e nel nord dell’Inghilterra, a Newcastle. Ad Adelaide ho percepito la stessa spontaneità degli abitanti della nostra costa, la stessa serenità. E a Newcastle ho apprezzato i ritmi blandi, la quiete del nostro entroterra».

Eccellenze marchigiane nella gastronomia: a cosa non rinuncerebbe?
«Premesso che rischio qualche gaffe perché non conosco tutta la cucina regionale, adoro come si cucina il pesce nella mia zona. Impazzisco per il brodetto alla sambenedettese. E per le olive all’ascolana, che tra l’altro spopolano a Milano. Nella scelta dei vini, sono meno campanilistico: tutti».

Lei vive a Milano da 25 anni e dice che torna a San Benedetto per le vacanze.
Spesso?

«Spessissimo. Vivo nelle Marche praticamente la metà dell’anno, scendo giù almeno due volte al mese. Non posso starne lontano».

Suggerirebbe a un milanese di venire ad abitare qui?
«Certo. A chi è abituato alla grande città, con tutto quello che offre in termini di comodità e vivacità, dico di prepararsi, perché troverà un contesto completamente diverso. Ma la vivibilità, ah, questa è fuori discussione! Lo dico spesso: fatevi una casa nelle Marche».

Se dovesse nominare qualche personaggio che meglio rappresenta le Marche?
«Tanti. E rischio di fare un torto, anche in buona fede. Mi butto: persone che altrove non trovi, non necessariamente pezzi grossi, ma personaggi coloriti, divertenti, caratteristici della mia città, con una concentrazione maggiore che in altre parti di Italia. Tanti miei amici, di tutti i tipi»

La tifoseria marchigiana secondo lei ha degli elementi comuni, distintivi?
«La rivalità tra squadre, anche esasperata in certi casi. Ma secondo me non è un difetto: rivela un fortissimo senso di appartenenza, non solo nel calcio. Lo trovo un fatto positivo, non mi dispiace. È bello quando una comunità esprime nello sport la propria identità».

Cosa non si deve perdere delle Marche? Qual è il valore minacciato dalla modernità?
«Lo stile di vita di tante persone serene e attive. Poi, un tessuto industriale in evoluzione, pur tra alti e bassi, con tante start up, aziende che, nonostante la crisi, hanno tenuto duro, per non lasciarsi fagocitare dalle multinazionali».

Che rapporto ha sua moglie con le Marche?
«Letizia, che è di Roma, è una fan di questa regione. Intervistata da Gigi Marzullo, se ne uscì con un commento molto bello su San Benedetto, e su Civitanova. Il sindaco di allora la ringraziò della bella pubblicità».

Tornerà a vivere nelle Marche, una volta in pensione?
«Già deciso: 5 mesi a Roma, uno a Milano e 6 a San Benedetto».
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