Tamberi e le Marche: «E' la regione
dello sport, ora alziamo l'asticella»

Tamberi e le Marche: «E' la regione dello sport, ora alziamo l'asticella»
di Lucilla Niccolini
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Giovedì 15 Giugno 2017, 11:40
Alzare l’asticella: l’espressione è molto usata come metafora del gioco al rialzo, della sfida che si ripete, in ogni campo. Per Gianmarco Tamberi alzare l’asticella è vera sfida quotidiana. Lui ce l’ha nel sangue. Classe 1992, “Gimbo” è il più giovane tra i personaggi che la Regione Marche ha designato come testimonial della campagna ViviAMOleMarche, coinvolgendo le eccellenze in ogni campo, protagonisti legati a questa regione, per nascita o per elezione.
Gianmarco non si ferma davanti a niente. Venticinque anni compiuti da due settimane, e già nell’albo d’oro di coloro che per la loro attività, i record, la fama sono “eletti” a lucidare l’immagine delle Marche, a sostenere un territorio che in questo momento è dolorosamente penalizzato dai recenti eventi sismici.
Giovanotto bello e gentile, vivace e determinato, non ama perdersi in chiacchiere: le sue gambe parlano per lui, ai suoi tifosi bastano le prodezze di quelle “pertiche” che guizzano per elevare il corpo sopra l’asticella posta sempre più in alto. E ha lo sguardo sempre fisso verso l’alto, dove salire per passare oltre l’ostacolo. La veloce, cadenzata rincorsa, la rollata del piede per innescare il salto, la spinta delle gambe che si trasmette a disegnare l’arco del corpo, flesso all’indietro, e il richiamo attento delle gambe per passare oltre quell’asta rossa che vibra appena, e non cade. Figlio d’arte - suo padre Marco è stato primatista italiano indoor nella sua stessa specialità - Gimbo vanta otto presenze in Nazionale. Dopo aver raggiunto, ad Ancona l’anno scorso, la miglior misura realizzata da un italiano - 2,36 metri - con la stessa altezza a Portland ha conquistato la medaglia d’oro ai Mondiali.
Se chiedi a questo record-man i tre motivi personali che l’hanno indotto ad accettare di essere testimonial della sua regione, ti guarda dritto in faccia, stupefatto.
«Fin troppo ovvio. Per quanto sono affezionato alla mia terra, che amo di incondizionato amore».
Ci pensa su, si apre in un sorriso disarmante: «E poi per la passione che ho per il cibo marchigiano».

Ecco, il cibo. Si racconta che qualche anno fa, dopo la consacrazione tra i seniores ottenuta con la medaglia di bronzo agli Europei Juniores di Tallinn, lei si rifiutasse di seguire una dieta severa. Fare tardi la notte e bere alcolici non è esattamente un toccasana per un atleta. Insomma, non ammetteva privazioni. E dunque, a tavola, a cosa non rinuncerebbe mai?
«Al vino marchigiano! Ma con moderazione. E poi ai mòscioli selvatici di Portonovo».

Portonovo è la sua grande passione?
«Non potrei sopportare, per nessuna ragione, di non tornare ogni tanto alla spiaggia di Portonovo, un posto dove mi è più facile rigenerarmi. La baia, il mare, la macchia mediterranea, gli amici… tutto qui mi tonifica, mi riconcilia con il mondo».



Lei, nonostante la giovane età, ha avuto occasione di viaggiare molto. In quale altro posto ha trovato qualche analogia con questa terra?
«In Italia, a essere generosi, solo la Toscana può competere con i panorami marchigiani, con questa atmosfera. Fuori dalla nostra penisola, per me non esiste nessun posto al mondo».

Se dovesse nominare il personaggio che meglio rappresenta le Marche, direbbe...?
«Elisa Di Francisca, la campionessa jesina di fioretto. Lei è molto attaccata alla sua terra. Ed è una donna determinata, vincente in pedana e nella vita».

La tifoseria marchigiana secondo lei ha degli elementi comuni, distintivi?
«No. Questo non saprei dirlo...».

In base alla sua esperienza, trova che le Marche siano attrezzate al meglio per favorire la passione dei giovani per lo sport?

Resta perplesso, esita. Poi sbotta: «Vede, si percepisce l’impegno da parte di molti, la buona volontà dei più tenaci per sollecitare le nuove generazioni a impegnarsi in uno sport, non importa quale. Però, secondo me, occorre lavorare di più, molto di più!».

Ma pensa che la nostra regione potrebbe candidarsi a “regione dello sport”.
Trova che questo potrebbe essere un modo per promuoverne l’immagine?

«Perché no? Sarebbe una bellissima operazione di marketing per le Marche. Mi auguro vivamente che possa succedere».

Lei gira il mondo. Quando dice che è originario delle Marche, cosa si sente rispondere?
«Chi le conosce mi dice che sono un posto meraviglioso e che sono davvero fortunato».

Saprebbe descriverebbe con qualche aggettivo il “carattere marchigiano”?
«Siamo espansivi, gioiosi, di cuore. Le persone marchigiane sono vere, autentiche».

Cosa non si deve perdere delle Marche? Qual è il valore minacciato dalla modernità?
«Semplice! La semplicità».



Suggerirebbe a uno straniero di venire ad abitare qui?
«Sì, sicuramente consiglierei a uno straniero, ma anche a un italiano, di trasferirsi qui nelle Marche».

Con quali argomentazioni?
«È un posto magico, in cui si vive tranquilli e a contatto con la natura. Qui le buone tradizioni ancora valgono. E c’è un diffuso rispetto di valori imprescindibili».
L’adolescente ribelle è maturato, non solo grazie alla disciplina. L’infortunio che l’estate scorsa gli ha impedito di partire per Rio de Janeiro, di partecipare alle Olimpiadi, gli ha insegnato l’umiltà, ma non ha spento quella sua energia vitale, il gusto per la sfida. Vuole esserci, a Londra ad agosto per i Mondiali di atletica leggera. «Ma solo - ha detto - se sarò sicuro di poter competere per una medaglia». Dalla sua parte ha il tifo di tutti i marchigiani, che riconoscono in lui il campione del cuore, che guarda sempre in alto, per superare se stesso.
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