L'accordo sul certificato c'è, il documento è unico per tutti, ma la strada da fare per avere le stesse regole in Europa è ancora lunga. All'indomani dell'ok di Parlamento, Consiglio e Commissione sul certificato digitale Ue Covid-19, la sensazione diffusa è che l'Europa continui ancora a muoversi a troppe velocità. Gli Stati, si apprende da fonti di Bruxelles, potranno decidere infatti individualmente se accettare una sola dose di vaccino o se richiederne due, se testare o meno i bambini che viaggiano insieme a genitori già immunizzati e pure la validità massima del tampone.
Dalla Commissione, però, si celebra l'intesa che «garantirà la libera circolazione dei cittadini in piena sicurezza.
LA SPERIMENTAZIONE
17 Paesi Ue, Italia compresa, hanno già effettuato le sperimentazioni tecniche della piattaforma che garantirà caricamento e scansione del pass, un codice QR che, su supporto smartphone o cartaceo, attesterà quando si è stati vaccinati (e con quale prodotto), se si è guariti dall'infezione, oppure se è stato effettuato un tampone con risultato negativo. La regola generale è che non si possano imporre restrizioni ulteriori (come l'obbligo di test all'ingresso o la quarantena) a chi è in possesso del certificato Ue, ma gli Stati potranno decidere temporaneamente di derogare al principio e introdurre misure più stringenti per chi arriva nel loro Paese, notificandole a Bruxelles.
È in particolare sulle caratteristiche concrete e le tempistiche di validità della prova fornita dal certificato, però, che ogni governo Ue potrà fare da sé, o quasi. È rimesso infatti alla valutazione di ogni Stato se sarà sufficiente una sola dose per considerare la persona vaccinata o se occorreranno entrambe (per i prodotti che ne prevedono due): qualunque sia la deliberazione finale, però, chiariscono da Bruxelles, il Paese dovrà garantire lo stesso trattamento a tutti, cittadini e non.
Fonti della Commissione spiegano anche come funzionerà il pass per chi è guarito dall'infezione: farà fede il test molecolare con cui si è appreso di essere positivi. La copertura, però, non andrà oltre i 6 mesi; ma ogni Stato potrà fissare periodi più brevi, nel qual caso la persona guarita e non ancora vaccinata dovrà effettuare un tampone. Nulla da fare, invece, per i test sierologici: il certificato non li riconoscerà, almeno per il momento, anche se la decisione potrà essere rivista tra 4 mesi. A supportare la scelta dell'Ue anche l'Ecdc, il centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, secondo cui il sierologico «non dà assoluta garanzia che la persona non sia contagiosa o protetta contro l'infezione».
Caos in vista pure sulle tempistiche per i test molecolari: i singoli Paesi potranno continuare a scegliere se accettare tamponi effettuati nelle ultime 24, 48 o 72 ore; ma funzionari dell'esecutivo Ue assicurano che il lavoro continua dietro le quinte per assicurare un «approccio comune». Il rompicapo è assicurato. La Commissione prova a mettere una toppa e ricorda che c'è un portale online (reopen.europa.eu/it) dove recuperare tutte le informazioni utili per organizzarsi alla vigilia della partenza verso un altro Paese.
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